Le assemblee senza soci e il rischio che il dibattito finisca per svolgersi nelle aule dei tribunali
Èormai operativa da qualche settimana la legge di riforma del mercato dei capitali, che detta anche «disposizioni sulle società di capitali». Il ritorno d’interesse in questo particolare periodo è legato alle nuove norme che stanno regolando lo svolgimento delle assemblee nelle società quotate.
Certo, le norme contemplate sono diverse e di diverso peso sulla vita delle nostre società, dalla previsione statutaria di azioni con diritto di voto plurimo, che consentirà ai soci storici di mantenere il controllo della società con un minor capitale detenuto, alla facoltà di tenere le assemblee in videoconferenza per tutto il 2024, anche in deroga alle previsioni statutarie.
Quello che però sembra più significativo per il confronto tra soci è costituito dalla facoltà d’introdurre nello statuto una normativa che consenta di svolgere le assemblee esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società e non già in presenza della compagine sociale.
La norma ha regolato i confronti assembleari durante la pandemia e aveva allora un senso, per le condizioni eccezionali di quel periodo; oggi sembra utile solo alla maggioranza dei soci, quando debbano confrontarsi in assemblea con una minoranza attiva e combattiva.
Chi ricorda le antiche polemiche sul «disturbatore di assemblea» (tema ripreso qualche anno fa da uno studioso con le ipotesi di misurare il tempo di ogni intervento in rapporto alla caratura del socio), sa bene che la presenza puntigliosa del socio, o dei suoi delegati, in assemblea ha contribuito, in passato, alla formazione dei criteri di redazione dei bilanci, passando da alcuni fogli, con cifre al limite del fantasioso, degli anni Settanta, ai rigorosi principi odierni. Questo solo esempio dimostra come il confronto tra soci, anche quando sembra rappresentare una perdita di tempo, non dovrebbe essere abolito per legge.
Il nuovo sistema prevede che il diritto di proporre domande al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale non potrà più esser esercitato in assemblea, e dunque nel vivo di un confronto tra soci ed organo di gestione e di controllo, bensì dovrà essere preventivamente indirizzato al rappresentante designato, il quale lo farà avere agli organi di gestione e di controllo, per poi riportare le risposte per iscritto.
Per chi non è esperto di gestione del conflitto societario, la nuova normativa può apparire irrilevante e comunque non diversa dal passato. In fondo, il socio presenta le sue domande e riceve una risposta, persino prima dell’assemblea.
In realtà, il confronto assembleare consentiva al socio di minoranza di utilizzare domande «a sorpresa», per saggiare la reale padronanza della materia gestionale da parte degli amministratori o verificare il reale controllo da parte del collegio sindacale o far risaltare i conflitti d’interesse.
Ciò comporta, per i soci, l’impossibilità di presentare proposte di deliberazione in assemblea (quali le azioni di responsabilità promosse nelle assemblee di approvazione del bilancio, laddove la questione può non essere preventivamente prevista all’ordine del giorno) e persino la possibilità di discutere le risposte ricevute dagli amministratori.
La nuova norma rischio di tagliare l’erba sotto ai piedi anche ai proxy advisor, cioè alle società specializzate nelle analisi delle informazioni societarie e nel fornire consulenza agli investitori, per esprimere il voto nell’assemblea di società quotate. Attività che favorisce l’attivismo azionario degli investitori istituzionali e dei gestori. Ma per costoro il problema è di minor rilievo rispetto al socio ordinario: quando l’investitore istituzionale non apprezza la gestione societaria, preferisce dismettere la partecipazione o, quanto meno, minacciare l’uscita dalla compagine sociale.
Al socio non organizzato, invece, non resterà che la via dell’impugnazione delle delibere assembleari dinanzi ai tribunali specializzati per le imprese. E ciò perché, presentata la domanda al rappresentante designato, ricevuta una risposta insoddisfacente, non potrà spiegare in assemblea i reali motivi dell’insoddisfazione, essendo impossibile, per il meccanismo previsto, attivare un dibattito, che prevenga l’azione giudiziale.
Con il che si ottiene un risultato, probabilmente non voluto dal legislatore: eliminato il confronto assembleare diretto, si apriranno gli spazi per un confronto giudiziale, sicuramente più oneroso per tutti.