L’arte è un tessuto nell’«aiuola di stelle» di Olimpia Biasi
«Per un’aiuola di stelle» è il titolo della monografica di Olimpia Biasi allestita ai Civici Musei Eremitani di Padova. In mostra un centinaio di opere: disegni, acquerelli, grandi dipinti materici, arazzi di stoffa su rete industriale, collages polimaterici su garza, libri d’artista, erbari di foggia medievale. Protagonista il brulicare del mondo naturale: fiori, ghiande e semi dialogano con piume, stoffe, conchiglie e insetti. Fonte di ispirazione il giardino dell’artista che Olimpia Biasi cura e orchestra personalmente. Esattamente come Monet che trasformò il sontuoso giardino di Giverny in fonte da cui trarre continua ispirazione. E se all’iris selvatico Monet dedica uno dei suoi quadri più famosi, Biasi ritrova la potenza del fiore nei versi poetici di Louise Glück (Premio Nobel per la Letteratura nel 2020) nel libro L’iris selvatico.
Come Glück anche Biasi ondeggia tra caducità ed eternità. Ma Biasi vede fiori ovunque: anche la volta dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni diventa per l’artista una «aiuola di stelle». Se il mondo naturale è il grande ispiratore, Biasi si lascia trascinare anche da musica e poesia. Molte le citazioni e gli omaggi che si rincorrono nelle opere esposte. Ma forse il rimando più forte è quello con Maria Lai, la poetica amanuense del cucito. Come per Lai, Biasi utilizza una tecnica artistica che ruota attorno alla tessitura utilizzando vari elementi, da quelli di scarto a quelli che recupera casualmente. Le tematiche che legano i lavori di Biasi girano, come per Lai, intorno allo scarto al frammento. E se Lai è celebre per i suoi Telai, Biasi propone invece i suoi Teleri, opere di grandi dimensioni dove protagonista è la «tessitura» su garze e reti industriali. La garza alterna dimensioni di verità e impermanenza, solidità e trasparenza. Ecco che allora gli innesti di stoffe, elementi organici, materiali di risulta creano un’opera sospesa che viaggia nello spazio senza peso.
Una leggerezza poetica che l’artista sconfigge nelle grandi opere polimateriche dove scorrono invece dense campiture cromatiche. I numerosi acquerelli sono un omaggio al saper fare: piccole copie dal vero di fiori, foglie, insetti. Sono la base di partenza da cui Biasi impasterà natura e immaginazione.
La mostra, realizzata grazie al contributo della Fondazione Cariparo, è a cura di Myriam Zerbi e resterà aperta fino al 7 luglio. Mentre l’arazzo «Come un manto per le lucciole», ora la Teatro Goldoni di Venezia, dal 30 aprile sarà al Teatro Verdi di Padova per il progetto #BackToArt.