Si cambia Il nuovo Corriere darà la sveglia
Mattarella affida alla presidente del Senato un incarico esplorativo, ma il nuovo governo è ancora una chimera
Chi mi legge in questo momento avrà fra le mani un nuovo Corriere. Il giudizio deve essere vostro, quindi non faccio il piazzista per dirvi è più bello, più ricco, più raffinato come si fa in questi casi.
Lo schema è già visto. Quello che non si vede, invece, è una soluzione di governo targata centrodestra-M5S (e neppure la sua versione ristretta, con un accordo Lega-M5s). Le consultazioni affidate alla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, sono iniziateieri pomeriggio e i partiti non si sono mossi dalle posizioni in cui si erano arroccati ben prima di presentarsi davanti alla seconda carica dello Stato. Se questo stallo non si dovesse sbloccare nemmeno in un altro giro di colloqui, che Casellati prevede per la giornata di oggi, è probabile che la palla passi al Partito democratico, il quale per il momento non partecipa ma sarà probabilmente chiamato presto a dire la sua. La presidente del Senato - convocata dal capo dello Stato Mattarella nel tentativo proprio di trovare una quadra tra la prima coalizione e il primo partito alle elezioni del 4 marzo, vale a dire fra il centrodestra e il Movimento 5 stelle - ha organizzato una serie di incontri ben poco fruttuosi.
I primi a confrontarsi con lei sono stati i pentastellati, il cui leader Luigi Di Maio non vuol nemmeno sentir parlare di centrodestra, bollato come “un artifizio elettorale”, perché “si presenta diviso anche a queste consultazioni”. Il Movimento ha invece ribadito di essere “pronto a sottoscrivere un contratto di governo solo con la Lega, non con tutto il centrodestra”. Quindi Di Maio si è rivolto direttamente al leader leghista Matteo Salvini, scandendo: “Tempo non ce n’è più”. Salvini “deve prendere una decisione entro questa settimana, mi aspetto una risposta definitiva”. Nel Movi- mento 5 stelle, insomma, c’è la speranza che il Carroccio risponda all’ultimatum non solo loro ma anche di Mattarella, che ha chiesto senza mezzi termini a Casellati una risposta entro domani. La risposta però non è cambiata: la Lega, come spiega il suo capogruppo alla Camera Giancarlo Giorgetti all’uscita dall’incontro con la presidente del Senato, è “prontissima a dare un governo che coinvolga il centrodestra unito e il Movimento 5 stelle”. Gli fa eco il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi: “Non sono mai stati messi dei veti nei confronti di nessuno”, anzi l’ostacolo principale sarebbe proprio l’opposizione dei pentastellati a una partecipazione dell’ex Cav ad un loro esecutivo. Sulla stessa linea pure Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia: “Siamo disponibili a dialogare con gli altri - ha concesso - ma non prescindiamo dal fatto che la guida del governo deve essere affidata al centrodestra”. Per dimostrare che la coali- zione di centrodestra non è una artificiale, al secondo giro di incontri con Casellati il centrodestra andrà con una sola delegazione, proprio come è accaduto alla seconda tornata di consultazioni al Quirinale, la scorsa settimana. In quell’occasione, Berlusconi non riuscì a contentersi e iniziò uno show che tradiva non poca insofferenza. Stavolta, però, lo spettacolo potrebbe essere diverso.
Nel frattempo, in questi convulsi giorni di attesa, il Pd assomiglia a un vulcano di quelli che non eruttano da tempo ma sono ancora attivi con il magma che ribolle sotto la crosta immobile. La linea ufficiale rispetto alla formazione di un governo non cambia. Per ora, l’idea della maggioranza, sposata dal presidente del partito Matteo Orfini, è che il Pd direbbe “no” anche a Roberto Fico, qualora toccasse a lui il preincarico da parte del Colle, una volta fallito il tentativo della Casellati di saldare l’alleanza M5s-Centrodestra.
Un esempio? Il Pd non ha votato Fico neppure come presidente dell’aula a Montecitorio, perché dovrebbe sostenerlo ora? E se anche l’incarico andasse all’attuale presidente della Camera, i renziani sono certi che a quel punto i Cinquestelle si spaccherebbero. A chiarire il pensiero dell’ex segretario ci pensa il capogruppo dei senatori dem, Andrea Marcucci: “Il forno del M5s con il Pd è chiuso, anzi non è mai stato aperto”. Anche Ettore Rosato nega qualsiasi disgelo: “Se i Cinquestelle si sono presentati dicendo che vogliono cancellare le riforme fatte dal nostro governo, lo facciano ma non con i nostri voti”.
Dalle parti del Movimento 5 stelle, invece, sono tutti convinti che l’ultimatum di Luigi Di Maio può essere la mossa decisiva per la formazione del governo ”del cambiamento”. Le truppe parlamentari, infatti, confermano la coesione di questi primi 40 giorni di legislatura e nell’assemblea congiunta di deputati e senatori post-consultazioni con la Casellati, si chiudono a riccio per proteggere la premiership del loro capo politico. Sbaglia, però, chi pensa che questa compattezza fosse scontata.