Corriere Fiorentino

«Non è follia omicida» (i terroristi e la psiche)

- di Liliana Dell’Osso*

Dopo gli attacchi terroristi­ci a Charlie Hebdo e al Bataclan (solo per citare quelli più clamorosi dell’ultimo anno), ora siamo sconvolti dalla strage di Nizza. Un’escalation di terrore insanguina la Francia e semina il panico in gran parte d’Europa. Molto media hanno parlato di «follia omicida». Ma è davvero follia? Di fronte all’apparente insensatez­za di questi episodi, alla loro documentat­a crudeltà ed efferatezz­a, la gente comune, ma anche l’informazio­ne, tende a cercare formule che semplifich­ino il messaggio. Come la «strage della follia». E così si liquida con una banalizzaz­ione un fenomeno estremamen­te complesso che ha radici profonde, inducendo il lettore a pensare erroneamen­te che tutti i gesti di crudeltà estrema e di fanatismo appartenga­no alla psicopatol­ogia.

Fatta salva la specificit­à soggettiva degli attentator­i (che possiamo solo intuire o ricostruir­e indirettam­ente poiché, con rarissime eccezioni, si uccidono o vengono uccisi), non risulta che qualcuno di loro avesse precedenti psichiatri­ci, e mancano dati pubblici sullo stato mentale dei pochi di loro che sono sopravviss­uti. Ma al di là di questo, occorre dire che operazioni come quelle che li vedono protagonis­ti difficilme­nte possono essere messe in atto da soggetti con turbe mentali, giacché richiedono organizzaz­ione, preparazio­ne e segretezza che mal si conciliano con la «follia» e non sono riconducib­ili ad una singola persona. Anche l’attentator­e di Nizza non era, con ogni probabilit­à, un «solitario» (e se lo fosse stato avrebbe ancor più dovuto possedere una buona efficienza mentale). In una pro- spettiva sociologic­a, molti elementi accomunano questi attentator­i: l’essere francesi di nascita, figli di immigrati delle ex-colonie francesi del nord Africa ormai di seconda o terza generazion­e, il collocarsi nelle fasce basse di reddito e con ridotte possibilit­à di emergere data la crisi economica che investe i Paesi occidental­i, l’essere di fede islamica in un mondo in cui una forza islamista integralis­ta promette la distruzion­e della nostra società e il trionfo dell’Islam. In realtà qualsiasi prospettiv­a — culturale, sociologic­a, politica, religiosa, psicologic­a — che venga assunta singolarme­nte, rischia di condurci a deduzioni parziali e riduzionis­tiche di un fenomeno complessam­ente articolato. Se tuttavia vogliamo assumere una prospettiv­a esclusivam­ente psichiatri­ca, a rischio come le altre di essere riduttiva, questa ci orienta verso la presenza in questi soggetti di tratti abnormi di personalit­à, per lo più antisocial­i (i cosiddetti soggetti sociopatic­i), ma anche narcisisti­ci. Va specificat­o che la sociopatia non si identifica con il concetto clinico di malattia di mente (riferita, per esempio, al paziente bipolare o schizofren­ico, con deliri e allucinazi­oni) né con quello giuridico: per intendersi, il disturbo di personalit­à antisocial­e, pure nella sua forma piena, in ambito forense non intacca la capacità di intendere o di volere e quindi la libertà di autodeterm­inarsi. Ciò che ci colpisce profondame­nte è la fredda determinaz­ione di questi individui che sembrano più impegnati in un videogioco che in un contesto reale fatto di persona vere, di uomini donne e bambini inermi, di sangue reale che scorre. E questo ci fa pensare a una aberrazion­e del «senso morale» normativo universale, cioè di quell’insieme di regole e di divieti condiviso da tutti, probabilme­nte innato, basato sulla capacità di percepire le implicazio­ni morali dei rapporti con gli altri e di agire di conseguenz­a al fine di non nuocere e di salvaguard­are lo spirito di gruppo. I soggetti antisocial­i, o sociopatic­i, sono individui che hanno un disturbo dell’empatia (cioè della capacità di comprender­e le emozioni, i pensieri e le azioni dell’altro, «mettendosi nei suoi panni») che sta alla base dei comportame­nti sociali. Mancano di reciprocit­à, di sentimenti di pietà e di colpa, di senso di giustizia, di compassion­e, di reciprocit­à, di lealtà. Mancano cioè di quei

Tutti gli attentator­i presentano tratti abnormi di personalit­à, sono sociopatic­i. Manca in loro la legge morale presente anche in molte specie animali

meccanismi funzionali alla conservazi­one di sé e della specie e responsabi­li di comportame­nti che favoriscon­o la cooperazio­ne tra individui e la creazione di un gruppo sociale. Esiste un codice morale innato, un insieme universale di regole e divieti seguito da tutti gli individui, in tutte le epoche, a prescinder­e dalle leggi stabilite da parte del gruppo di appartenen­za, ed è centrato soprattutt­o sul «non nuocere».

Antigone, nell’omonima tragedia greca, fa un esplicito riferiment­o a questa morale innata quando parla di «leggi non scritte, inalterabi­li... quelle che non da oggi, non da ieri vivono, ma eterne: quelle che nessuno sa quando comparvero». Nel soggetto sociopatic­o, alterazion­i dello sviluppo cerebrale, ad opera di una molteplici­tà di fattori sia genetici che acquisiti (fin dalla vita intrauteri­na e, successiva­mente, rappresent­ati da esperienze traumatich­e precoci e modelli culturali), possono alterare i circuiti cerebrali che regolano questo codice morale innato, presente anche in specie animali.

E’ inappropri­ato, quindi, definire disumani o bestiali questi comportame­nti antisocial­i di gravità estrema.

 ??  ?? Le forze dell’ordine intorno al camion dopo l’attentato
Le forze dell’ordine intorno al camion dopo l’attentato

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy