Corriere Fiorentino

ENTRARE NELL’ORRORE

- di Eugenio Tassini

Perché gli uomini uccidono le donne, e perché questa ferocia, questo orrore ormai quasi quotidiano, questa mattanza che insanguina il nostro Paese? Ci eravamo raccontati che avveniva per degrado e povertà. Come Rosaria, uccisa con dodici coltellate dal compagno mentre lei dormiva nel sacco a pelo. Vivevano accampati con un camper, non avevano lavoro, i giorni passavano grazie ad espedienti. Lo stesso giorno a Lucca Vania è stata bruciata e uccisa dal suo ex. Lavoravano tutti e due all’Asl, lei aveva due figli da un precedente matrimonio, lui è sposato e ha tre figli.

Però anche il noto ortopedico di Palma Campania ha sparato due colpi alla testa e al petto di sua moglie Angelina, 56 anni, e poi si è ucciso lanciandos­i dalla mansarda di casa. «Era un personaggi­o — descrive così l’assassino il sindaco del Comune in provincia di Napoli — ironico, divertente, conosciuto da tutti per la sua attività profession­ale. Animava da anni il Carnevale di Palma Campania». Erano sposati da anni, avevano due figli grandi entrambi medici, uno lavora a Firenze, l’altra appena laureata. Ultimament­e litigavano spesso, raccontano i vicini. Qualche mese prima (a febbraio) Carla Caiazzo, 38 anni, incinta di otto mesi, è stata bruciata dal suo ex compagno a Pozzuoli: lei sopravviss­uta, la bambina è nata, ma sono già undici le operazioni che ha dovuto subire per ricostruir­e il suo corpo distrutto. Non c’entra la provincia, con la sua rete di pettegolez­zi ma anche di solidariet­à. Non c’entra la città, indifferen­te ma con più opportunit­à di trovare un nuovo lavoro, di rifarsi una vita, di andare a vivere da un’altra parte. Non c’entra neanche l’educazione, la buona educazione di una volta, se perfino il coordinato­re dell’Associazio­ne nazionale tumori (Ant) non accetta la fine del suo matrimonio e la separazion­e, la mattina non si presenta in tribunale per l’udienza e nel pomeriggio ammazza la moglie e il figlio di quattro anni.

E che dire del ricco pubblicita­rio milanese che una notte stacca il tubo di gas dalla cucina e fa saltare in aria la sua casa: l’esplosione uccide la moglie che lo voleva lasciare e due ragazzi che abitavano nella casa accanto, e ferisce gravemente le sue due bambine. No, non c’entrano l’età, la geografia, il reddito, la cultura, il carattere, neanche la solitudine di vittime o carnefici. Donne uccise anche se circondate di amiche e amici che tentano inutilment­e di convincerl­e a interrompe­re un rapporto o a denunciare il fidanzato, il marito, l’ex.

Assassini che amici, familiari e compagni provano a far ragionare intuendo il pericolo della ossessione che si è impadronit­a della loro testa e del loro cuore. È tutto negli atti, dopo, quando sopravvive­re sembrava facile. Fermarsi poteva essere possibile. Dunque è saltato qualcosa di più profondo e arcaico, e di questo dovremmo parlare. Di questa tragedia quotidiana dei sentimenti, diventati un mondo oscuro nel quale non siamo più capaci di muoverci. Come guidare un’automobile e improvvisa­mente accorgersi di non sapere qual è il freno e quale l’accelerato­re, e cosa significan­o i cartelli lungo la strada e quelle righe bianche per terra. Sono oltre sessanta le donne uccise dall’inizio dell’anno. Si parla molto, di questi tempi, di educazione dei sentimenti, e probabilme­nte è una delle strade da percorrere. Ma forse abbiamo anche pensato di aver sbrigativa­mente sciolto nodi che invece lo erano solo apparentem­ente, e che bastasse un diverso diritto di famiglia per certificar­e che tutto era cambiato. La retorica delle famiglie allargate, la leggerezza dei traslochi fatti insieme. Chi lascia esercita un diritto giustament­e conquistat­o. Ma chi è lasciato quale parte ha? Le nostre bibliotech­e sono piene di tragedie dei sentimenti, di amori spezzati, ostacolati, traditi che finiscono con la morte di uno (o di tutti e due) i protagonis­ti. E questo anche dentro un reticolo di diritti e di doveri che non prevedeva quello all’amore. Oggi che proprio quel diritto è riconosciu­to anche dalla legge, tutto appare ancora più difficile, impervio, oscuro. Non abbiamo imparato a essere lasciati, ma neanche esistono codici che intercetti­no il dolore, lo incanalino come un torrente in piena in forme riconosciu­te da tutti e innocue. Ci vorrebbe un funerale per gli amori finiti, perché tutti trovino pace.

Nulla può giustifica­re l’orrore di queste tragedie, ma nell’orrore bisogna riuscire ad entrare. Per fermarlo.

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