Pd e Cinque Stelle, è l’agosto dei boomerang
Il blitz agostano sulla Rai, con la nomina dei direttori del tg giusto in tempo per «agevolare» l’informazione referendaria, è in continuità con la tradizione che il governo diceva di voler combattere.
Le nomine politiche continuano a restare tali (ma questo vale e valeva anche per chi oggi, pur essendo un ottimo professionista, si lamenta di essere stato cacciato da un posto conquistato a suo tempo grazie alla politica). Dunque a che cosa è servito fare una riforma, se poi la colpa delle scelte fatte dal direttore generale dell’azienda ricade sul presidente del Consiglio? Significa che c’è qualche problema. D’altronde non sono mancate ambiguità in questi mesi, anche dopo la «svolta» della riforma Rai. C’è solo un modo per dirimere punti oscuri e furberie propagandistiche di partiti e politici che dicono «fuori i partiti dalla Rai» salvo poi farcene restare uno solo, il Pd di Renzi: privatizzare. Non ci piace la lottizzazione? Sacrosanto. Non ci piace lo spreco di denaro pubblico e il canone nella bolletta elettrica perché lo consideriamo truffaldino, visto che le mani sull’interruttore ce li hanno sempre i soliti? Giusto. Allora, per togliere davvero la Rai dalle mani dei partiti, serve una sana privatizzazione. È così difficile pensare a un piano che magari preveda, nel frattempo, un collegio di garanti a difesa dell’autonomia dei canali ancora pubblici? Fatte le debite proporzioni, a Firenze con Renzi sindaco si privatizzò l’Ataf, perché non si può pensare alla stessa cosa? Altrimenti non muterà mai niente. Continueremo, a ogni avvicendamento di governo, o nei momenti più delicati, come è il caso del referendum costituzionale di novembre, a vedere nomine e cambi imposti dai partiti o, soprattutto, da Palazzo Chigi.
Coast to coast
«Crediamo alla magistratura, non ai giornali di partito» (M5S Roma). Un tempo sarebbe bastato uno dei soliti «Mafia Capitale, spunta il nome di» (segue politico del Pd) in qualche titolo di prima pagina per far riempire le timeline dei social network di indignazione a Cinque Stelle. Stavolta però non è così; il caso di Paola Muraro, l’assessora all’ambiente di Roma non così nuova alla politica, tanto da aver fatto da consulente per l’Ama nelle passate amministrazioni, ha sollevato qualche questione di coerenza. Dalle carte dell’inchiesta Mafia capitale, che riportano il contenuto di una telefonata, emerge un rapporto diretto tra la Muraro, quando era consulente, e Salvatore Buzzi, capo delle cooperative rosse in carcere da due anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. La telefonata serviva per avere notizie sullo stato di una pratica per poter partecipare a un appalto milionario per la raccolta dei rifiuti. «Che rapporti avevo con Buzzi? I magistrati hanno già valutato la telefonata come non penalmente rilevante. I giornali si basano sul nulla, per me possono anche pubblicare tutta la telefonata», ha detto l’assessora. «Io sono serenissima, non sono mai entrata nella vicenda di Mafia Capitale, però altri sì, alcuni del Pd, che lasciavano mano libera a questa persona, ci mangiavano anche insieme…». Il M5S sul «non penalmente rilevante», sui sospetti, sul vortice di nomi che saltano fuori dalle carte di qualunque inchiesta, ci si è aggrappato per anni, ci ha costruito larga parte della propria fortuna elettorale, al grido di «onestà, onestà, onestà». Chi invece di solito non cede al manettarismo, deve restare fedele ai propri intenti anche nei confronti di chi, dopo aver a lungo maramaldeggiato, si trova a vestire i panni del «sospettato». Resta da capire solo come farà Alessandro Di Battista, nel frattempo partito con lo scooter per il tour
#costituzionecoasttocoast e per dire no al referendum (oggi sarà a Orbetello), a trattenersi dal gridare Buzzi!, Buzzi!, Buzzi!, Buzzi! come al suo solito. Gli toccherà scoprire il fascino discreto del garantismo.
Ps: Comunicato a Cinque Stelle: «Il Movimento 5 Stelle di Orbetello da quando è stato informato si è dato da fare. Ha chiesto, ma non ha ottenuto, la Piazza Eroe dei Due Mondi, è stato dirottato il tutto sulla Piazza Giovanni Paolo II, si è pagato 101 euro per la piazza, si è pagato 15 euro per l’auditorium dal quale prenderà la corrente per l’alimentazione del microfono, si è pagato il noleggio del microfono, si è pagato 320 euro per manifesti, locandine e volantini…». Va bene la trasparenza, ma c’è proprio bisogno di sapere anche quanto si spende per le noccioline?
Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobottega) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva A Firenze Renzi ha fatto diventare Ataf un’azienda privata, perché non può farlo con la tv di Stato?