La «chevalier» dei fornelli Legion d’onore alla Féolde
Annie Féolde ha ricevuto la Legion d’onore francese. La proprietaria insieme a Giorgio Pinchiorri dell’omonima Enoteca, l’unica cuoca ad aver perso e riconquistato le tre stelle Michelin, la «Bianca Castafiore dei fornelli» come l’ha definita il padre della nouvelle cuisine Paul Bocuse, è stata insignita con la più alta onorificenza di Francia. Oggi sotto ai nomi di Napoleone o del principe di Talleyrand che trasformò Benevento in una delle più belle città del Sud, figura anche la più grande cuoca che Firenze ricordi.
Non è la prima volta che la grand aigle arriva in Italia. Lo stilista Giorgio Armani, la cantante Milva, il compositore Ennio Morricone sono solo alcuni dei nostri connazionali nominati cavalieri dai Presidenti della Repubblica francese. Stavolta però è diverso. La legion d’onore è andata a una cuoca d’Oltralpe che ha sempre lavorato in Italia e fatto di Firenze la sua casa, con meriti tali cioè da costringere i cugini a superare quell’orgoglio naturale, una supponenza non solo calcistica verso gli italiani.
E in uno dei settori da loro più gelosamente custoditi. Ma la cucina in Francia è una cosa tenuta in serio conto anche dalle istituzioni, come da noi si sta facendo soltanto dall’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi. A Firenze che Annie Féolde fosse meritevole l’avevamo già capito negli anni Duemila quando ricevette, accanto a Pinchiorri, il Fiorino d’oro. Anche in quel caso la cucina andò oltre le capacità congenite dei fiorentini di misconoscere i propri talenti, ma per fortuna non quelli adottati come la Féolde. Viene da Nizza, da quella Costa Azzurra che fondendo tecnica francese e mediterraneità dei sapori ha guidato le migliori cucine a cavallo dei due ultimi secoli. La stessa regione da cui proviene Alain Ducasse, considerato a ragione uno dei più importanti chef del mondo. Impiegata postale a Parigi, dog sitter a Londra, cameriera in una trattoria vicino a Sabatini con l’idea di imparare le lingue, Annie si innamorò di Giorgio Pinchiorri dopo una diatriba sui formaggi. Migliori i francesi secondo lei, non abbastanza da superare il Parmigiano per lui, romagnolo di origine. Si mise ai fornelli dell’allora Enoteca comunale muovendosi «da una fiamma all’altra come se non posasse i piedi» scrisse Gino Veronelli. Tra i suoi piatti più celebri, i ravioli in doppia farcia di faraona e burrata con sugo d’arrosto o l’agnello farcito di porcini e cotto avvolto negli spinaci. Una cucina che la Féolde ha sempre rivendicato d’ispirazione toscana, spingendosi fino all’azzardo del lampredotto, confermata dallo straordinario risotto come un cacciucco, ma influenzata dalla raffinata tecnica francese. La stessa per la quale riceve la Legion d’onore. E lei ora che oltre ad essere la grande dame della ristorazione italiana è anche «chevalier» commenta con l’ennesima lezione di umiltà: «sono proprio la stessa di prima, soltanto con una grande commozione interna».