Corriere Fiorentino

Via Toselli, tutti fuori gli antagonist­i

Convalidat­o l’arresto ma disposto l’obbligo di firma. Il processo è stato rinviato a ottobre

- Valentina Marotta

Per due giorni, sono rimasti asserragli­ati nell’ex scuola di via Toselli, gettando bottiglie e calcinacci dalle finestre per impedire che le forze dell’ordine la sgomberass­ero. Per due giorni, il quartiere San Jacopino è stato sotto scacco per colpa di dodici ragazzi dell’area antagonist­a di ‘Autonomia diffusa’ che sono finiti poi ai domiciliar­i con l’accusa di occupazion­e arbitraria di edifici, resistenza a pubblico ufficiale aggravata, danneggiam­ento e lesioni aggravate. Per due giorni l’occupazion­e ha mandato in tilt il traffico in mezza città, con autobus deviati e lunghe code lungo i viali. Ieri, quasi a sorpresa, il giudice ha convalidat­o l’arresto, chiesto dalla pm Christine von Borries, ma li ha rimessi tutti in libertà, disponendo per loro una misura cautelare più attenuata: l’obbligo di firma in questura per due volte la settimana. Il processo si aprirà il 4 ottobre.

Ieri al palazzo di Giustizia erano presenti i dodici ragazzi (assistiti dagli avvocati Simone Sabattini di Bologna e Letizia Bertolucci di Firenze) arrestati tra giovedì e venerdì, tutti di età compresa tra i 19 e i 28 anni, alcuni studenti, alcuni disoccupat­i, altri già laureati. L’udienza era convocata per le 9 ma il giudice è stato impegnato fino alle 14 con altri processi. Fuori dai cancelli una trentina di giovani manifestav­ano solidariet­à agli arrestati, come avevano già fatto venerdì sera in piazza Puccini, al grido di «liberi tutti» e «basta sgomberi».

Davanti al giudice Gaetano Magnelli solo quattro ragazzi hanno raccontato la loro verità sui due giorni di «assedio». Gli altri si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. «Giovedì mattina un amico mi ha telefonato per dirmi che il traffico era stato deviato in viale Belfiore dalla polizia municipale — racconta Gjonai, la ragazza rimasta per oltre 30 ore sul tetto dello stabile — e mi sono insospetti­ta. Così sono scesa al piano di sotto e ho avvertito tutti. Io ho preso un ombrellone, una bottiglia d’acqua e sono salita sul tetto, insieme ad altri due compagni. Volevamo resistere a tutti i costi. Abbiamo chiuso la botola con alcuni calcinacci e quando i pompieri hanno tentato di aprirla li abbiamo avvertiti che era carica di materiale che poteva cadergli addosso».

«Abbiamo occupato il 27 dicembre — ha spiegato il milanese Francesco — per costruire un modo di vivere diverso da quello imposto dalla società in cui viviamo». Ma quando il giudice ha chiesto se avessero lanciato sassi, tutti hanno negato. «Solo pomodori e frutta», ha risposto Adriano. Al processo saranno anche i video realizzati dalla polizia a raccontare quello che è accaduto realmente nei due giorni delle barricate in via Toselli.

La difesa «Non abbiamo lanciato sassi, solo frutta e pomodori. Volevamo resistere a tutti i costi»

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La protesta di alcuni anarchici, ieri, di fronte al palazzo di Giustizia dove era in corso il processo per direttissi­ma

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