Maffei, il toscano di Casa Italia «Io tra i campioni»
Il viaggio verso Rio è iniziato con un messaggio su Facebook postato dalla banchina ferroviaria di Pontedera: la foto del binario, il saluto agli amici e 297 like strappati. Per Francesco Maffei — 39 anni, collaboratore del Coni Toscana, dirigente tennistico e una passione totalizzante per lo sport — partecipare all’Olimpiade è stato come chiudere il cerchio dei desideri. Francesco è l’unico toscano presente a Casa Italia, il quartier generale della spedizione azzurra, incastonato tra Barra da Tijuca e Sao Conrado. «La chiamata del Coni ha completato un percorso iniziato come raccattapalle, tanti anni fa —spiega — gli amici prima di partire mi hanno detto “vedrai che con il sole, il mare, lo sport e le belle donne, a Pontedera non ci torni più”…». A Casa Italia, inaugurata con la partecipazione del Premier Matteo Renzi («Mi ha chiesto di tenere alto l’onore della Toscana»), Maffei è supervisore degli infopoint e addetto all’accoglienza. «Si lavora 10 ore al giorno ma l’ambiente è fantastico, la più bella Casa Italia nella storia dei Giochi, una grande nave che poggia sul mare. Lo staff al completo è composto da circa 400 persone, perlopiù brasiliani. Noi italiani siamo una trentina, e nonostante questo l’integrazione è perfetta. Si è voluta ricreare l’ambientazione di una casa italiana, nel rispetto delle tradizioni locali. Oltre a me, di toscano c’è Edra, azienda di arredi di Perignano, in provincia di Pisa, fornitore-partner». «Finora — continua Maffei — abbiamo accolto gli azzurri del judo, della scherma e del tennis. Ho parlato con il tennista Paolo Lorenzi e gli ho rivolto i complimenti per essere diventato il n. 1 d’Italia. Per la cerimonia d’apertura qui c’erano ex campioni come Juri Chechi, Alessandra Sensini, Carlton Myers e Fiona May. Quando ha sfilato l’Italia, si è levato un boato, ma c’è chi ha ricordato le emozioni vissute in passato». Fino al 21 agosto, Francesco avrà la residenza fissa in questo angolo incantato di Brasile, fuori dal quale scorre la dura quotidianità delle favelas. «Diciamo che alcuni tabù sono stati sfatati, come quello sulla zanzara Zika, sul rischio attentati, c’è allerta ai massimi livelli. Ciò che ti sorprende è uscire fuori, vedere case abitate senza porte e finestre, bambini nudi sdraiati per strada. Un mondo diverso, a due passi dal nostro».