Danielle, sesso contro i tabù
Incontro con la regista Arbid, a cui il Festival dei Popoli dedica una retrospettiva Libanese-parigina, ha fatto dell’erotismo il tratto distintivo dei suoi film. E il prossimo lo girerà a Firenze
Danielle Arbid è una di quelle donne che fanno dell’imprevedibilità il tratto distintivo del proprio essere apolidi. Libanese d’origine, parigina d’azione e instancabile globettrotter, la regista è in questi giorni a Firenze, ospite del Festival dei Popoli, che le dedica una retrospettiva completa tra La Compagnia, Spazio Alfieri e Istituto Francese, con corti, documentari e film di finzione: una buona occasione per scoprire l’opera di una delle registe più apprezzate del mondo, la cui creatività non si esaurisce nel cinema, ma si è allargata negli anni anche alla fotografia e alla radio. La sua carriera è nata da un rifiuto (quello del giornalismo) e da un viaggio di studi (da Beirut a Parigi, a 17 anni) e il segno di questo distacco fisico (e mentale) ha finito per alimentare più di ogni altra cosa le storie dei suoi personaggi, viaggiatori e migranti che guardano il mondo da stranieri, interpellandolo sul passato rimosso e sugli argomenti proibiti.
«Dopo aver studiato letteratura alla Sorbonne pensai che fare del giornalismo fosse una cosa quasi naturale – racconta – Ma le mie prime esperienze di reporter non furono molto esaltanti. Nei miei articoli mettevo sempre qualcosa di personale. Se dovevo rifiutare me stessa, tanto valeva abbandonare questa strada e scrivere qualcosa di veramente mio. A 27 anni avevo scritto un soggetto e una sceneggiatura per un corto perché mi piaceva l’idea di un linguaggio diverso, come quello del cinema. All’inizio volevo che lo girasse qualcun altro, poi feci di necessità virtù e mi misi io dietro la cinepresa. Ma non avevo nessuna idea di come si lavora sul set di un film, non sapevo nemmeno quando dire “azione”!».
Da allora, molto tempo è passato e quella sicurezza che un tempo non c’era poi è arrivata. Ma il gusto del rischio Danielle non l’ha mai abbandonato, soprattutto quando ha raccontato le sue due città: «Per me l’ambientazione urbana è fondamentale — dice — Beirut è un città strana, frenetica, violenta e compassionevole, mentre a Parigi senti adosso la forza straniante della solitudine, ma anche quella libertà, che il più delle volte in Libano non hai (il documentario Dans le champs de bataille e i film Un homme perdu e Beyrouth Hotel sono stati censurati in patria e in tutto il Medio Oriente perché accusati di essere pericolosi per la sicurezza nazionale, ndr). Credo abbia molto a che fare con una sensazione di costante insicurezza che provo da sempre quando sono in Libano, fin da quand’ero bambina. Tutte le volte che sono là mi chiedo “Se succederà qualcosa, chi ci proteggerà?”. Penso che l’eredità più difficile che ci ha lasciato la guerra sia proprio questa. In quello che faccio questa ossessione ricorre spesso, anche se sono riuscita a trasformarla in una fonte d’ispirazione. I miei film infatti il più delle volte raccontano, più o meno indirettamente, di me. Penso ad esempio a Parisienne (Peur de rien): la storia della ragazza protagonista è direttamente ispirata alla mia vita. Del resto, non c’è niente di meglio della verità per creare la finzione». La voglia di trovare un proprio posto nel mondo, la paura di non farcela, il desiderio di riscatto, il sentimento di ribellione e la lotta contro ogni forma di potere, sono alcuni dei temi che attraversano l’opera di Danielle Arbid. Ma ce n’è uno che più di ogni altro colpisce per la sua forza diretta: il sesso. «Credo che questo sia diventato un aspetto importante nel mio cinema — spiega — perché cerco sempre di avvicinarmi il più possibile alla vera identità dei miei personaggi, alla loro intimità. Io amo molto le contraddizioni del mondo arabo, ma se lì mostrare la nudità dei corpi è ancora un tabù “ufficiale”, devo dire che anche in Occidente su questo c’è tanta ipocrisia. Due corpi che si amano dicono molto del sentimento e della passione che li anima. Così quando giro delle scene di sesso il mio approccio è simile a quello che si ha davanti a un dipinto o a una coreografia di danza. Cerco di carpire ogni singolo gesto o movimento da parte degli attori, di illuminare i loro corpi e i loro volti con una luce espressiva». Danielle Arbid ama moltissimo Firenze, «scoperta» già qualche anno fa, quando era stata ospite di un altro festival, il Middle East Now. Ma quello che è più importante è che tornerà nella prossima estate, per girare qui in città parte del suo prossimo film: «Si tratta di un adattamento del romanzo Passion simple di Annie Ernaux. La storia è quella della passione amorosa tra un uomo e una donna, che si protrae negli anni, ambientata tra Parigi, Londra e Firenze. Qui la protagonista verrà per una breve vacanza, ma il suo soggiorno sarà molto importante per la vicenda che la vede coinvolta». Di più, per ora, non può dirci. Però di una cosa è certa: «Ci saranno molte scene di sesso. Sarà il mio film più erotico».
Sul set Quando giro le scene di nudo il mio approccio è simile a quello che si ha davanti a un dipinto