L’odissea dei capolavori trafugati
La vendita ai nazisti, il recupero, la truffa: così le opere fiorentine sono arrivate a Belgrado
Report della Cia, atti giudiziari e lettere di compravendita nulle perché avvenute durante la seconda guerra mondiale. L’odissea degli otto capolavori a Belgrado è stata ricostruita dai carabinieri: ceduti a Goering da nobili e collezionisti, furono poi raccolte in un Collecting point a Monaco e quindi trafugati.
Report della Cia, atti giudiziari «riservati» dello Stato italiano e lettere di compravendita che svelano quanto furono pagati gli otto capolavori «prigionieri di guerra». Il maresciallo Herman Göring — tra l’ottobre del 1941 e il marzo del 1943 — riuscì ad avere, tra le altre opere, alcune tele pagando cinque milioni, grazie anche alcuni intermediari. I carabinieri del Tutela patrimonio artistico fiorentino, che hanno ricostruito il percorso degli otto capolavori nell’ambito di un’inchiesta per reimpiego di beni di provenienza illecita, sanno che quegli otto «pezzi» furono acquistati in epoca di guerra dalla famiglia Contini Bonacossi, dall’antiquario Luigi Bellini e dal collezionista Eugenio Ventura.
In quegli anni, dunque, il gerarca comprò, per poche lire, Ritratto della regina Christina di Danimarca di Tiziano, Madonna con Bambino e donatore di Tintoretto, San Rocco e San Sebastiano di Carpaccio, Madonna con Bambino di Paolo Veneziano, Adorazione del Bambino con angeli e santi della Scuola ferrarese del XV secolo, Madonna con Bambino, Santi, Annunciazione e Crocifissione di Paolo di Giovanni Fei e infine Madonna con Bambino in trono di Paolo di Spinello Aretino.
Nell’inchiesta della Procura bolognese, che ha indagato due funzionari serbi e due funzionari ministeriali italiani e ha chiesto il sequestro preventivo delle opere, c’è anche un filone su diversi quadri trafugati dalla comunità ebraica in Francia e Germania durante l’Olocausto. Sta di fatto che queste otto opere furono poi recuperate e raccolte in un Collecting point a Monaco di Baviera: dai documenti della Cia — in mano ai carabinieri del Tpc — risulta che Mimara Topic, «membro del partito comunista jugoslavo», riuscì a farsi consegnare 166 quadri, di «cui quattro effettivamente di proprietà della Jugoslavia», come risulta da un cablo del 1 giugno del 1950. Seppur arrestato nel 1948 in Svizzera, perché considerato agente comunista, Topic collabora poi con la Cia «come esperto di arte» e nel 1949 è al Collecting point, dove conoscerà la sua futura moglie, che potrebbe averlo aiutato a trafugare le opere d’arte. I carabinieri del Tpc sospettano — documenti alla mano — che tra il 1952 e il 1953 abbia venduto le opere, anche in Serbia.
Che Topic fosse molto strano lo aveva capito il primo 007 della storia dell’arte: Roberto Siviero scrive un appunto riservato al Ministero degli esteri il 15 ottobre 1956 in cui avanza dubbi su Topic, che neppure un anno prima era stato sentito dai servizi segreti americani. Di fatto l’America scopre tutto il 5 dicembre 1956 — come risulta da una nota riservata — si decide di non dire nulla: questioni di opportunità politica per evitare ripercussioni politiche.
Un’inchiesta giornalistica di Kostantin Akinsha, redattore di Artnews, svelerà per primo alcuni retroscena: lo studioso sarà sentito come testimone. I carabinieri del Tpc scoprono infatti che nella mostra Da Carpaccio a Canaletto. tesori di arte italiana dal Museo nazionale di Belgrado, che si tiene tra il 2004 e il 2005 alla Pinacoteca di Bologna e al Castello svevo di Bari, ci sono didascalie ingannevoli. Otto capolavori «provenienti dai risarcimenti di danni di guerra». Solo che la legge italiana del 1950, retroattiva, sancisce che sono nulle le compravendite durante la seconda guerra mondiale: quei beni devono tornare in Italia.
La legge del 1950 Ma le compravendite avvenute durante la seconda guerra mondiale sono nulle