CHE PD SARÀ IN TOSCANA
Fra gli etruschi e i romani toccava agli aruspici fare presagi (osservando le interiora degli animali), oggi sono i sondaggisti a prevedere il futuro, con i risultati che conosciamo. Magari erano meglio i primi, ma siccome è un mestiere che non si può più fare, per quanto riguarda il prossimo referendum aspettiamo, tanto manca poco. Si può invece supporre cosa potrà avvenire, a seconda del risultato che uscirà dalle urne: per quanto riguarda il Pd, nel caso prevalga il Sì, di certo un rafforzamento della leadership di Renzi. Scenario diverso con la vittoria del No e la bruciante sconfitta dell’ex-sindaco di Firenze. Prima di tutto assisteremmo ad un fatto clamoroso nella storia della sinistra italiana: una componente interna, benché di opposizione, avrebbe contribuito in maniera determinante ad una sconfitta epocale del proprio partito, dopo aver approvato in Parlamento la riforma a cui, ora, vota contro. A trarne vantaggio sarebbe solo il M5S di Beppe Grillo. Viene a proposito fare alcune considerazioni su cosa potrebbe succedere nella rossa Toscana, da cui è partita la scalata al governo di Matteo Renzi. I seguaci di D’Alema, Bersani e compagnia, sono apparsi soverchiati, negli ultimi anni, dal rullo compressore dei renziani (anche se gli stessi sono andati incontro ad alcune brucianti sconfitte, come a Sesto Fiorentino). Questo non vuole dire che siano scomparsi e che non possano pensare ad una rivalsa, qualora la caduta di Renzi sia rovinosa. Che siano in atto movimenti lo dimostra l’adesione al No di Graziano Cioni, un po’ sorprendente viste le sue ultime riflessioni pubbliche. In ogni caso si aprirebbe una resa dei conti che non porterebbe altro che ad allargare il fiume in cui sguazza il M5S. Si creerebbero condizioni di incertezza per ciò che attiene le stesse istituzioni: basta pensare alle scadenze elettorali di Lucca e di Pistoia. In tale contesto si può valutare la posizione anomala di Enrico Rossi che, pur essendo portatore di una straripante nostalgia postcomunista, si è ritagliato uno spazio singolare (aderendo al Sì), tale da consentirgli due possibilità: se vincesse Renzi, di ottenere un ruolo di un qualche diverso rilievo; nel caso contrario, di aspirare ad una funzione mediatrice per tentare di mantenere in piedi il Pd toscano. Scenari realistici? Vedremo se D’Alema ha ragione quando dice che lo spostamento di dirigenti nazionali e locali che caratterizzò l’avvento di Renzi era dovuto a convenienza e opportunismo e che, facilmente, può cambiare verso. In Europa la sinistra va dovunque a ramengo, che si sia trovata la strada per ottenere lo stesso anche in Italia?