L’uomo che rubò le opere? Ha un museo col suo nome
La trama di Topic Mimara e della moglie: documenti falsi e tanti beni sottratti anche agli ebrei
Era un uomo di media altezza e dalla carnagione scura. Aveva mani curate e una loquela troppo sciolta per risultare credibile. Ecco chi era Ante Topic Mimara, il commerciante e collezionista di opere d’arte che, alla fine della seconda guerra mondiale, riuscì a falsificare i documenti di accompagnamento degli otto quadri fiorentini passati dalla collezione del gerarca nazista Hermann Göring facendoli figurare come slavi prima che arrivassero nella collezione Göring .
La descrizione di questo personaggio chiave del giallo riportato alla luce nei giorni scorsi dalla Procura di Bologna è tratta dal saggio a lui dedicato nel 2001 dal giornalista ucraino Konstantin Akinsha (Il Maestro Imbroglione della Jugoslavia). Un punto di partenza fondamentale anche per l’indagine che ci riguarda. Lo studio di Akinsha s’imbatte nei nostri otto quadri ma parte dalla volontà del giornalista di ricostruire la storia di 166 opere (tra cui anche le nostre) molte delle quali sottratte a vittime dell’Olocausto di vari Paesi d’Europa. Oggetti d’arte che, alla fine del conflitto, furono portati al Collecting Point di Monaco con l’obiettivo di essere restituiti agli eredi dei legittimi proprietari, attraverso il coordinamento americano secondo procedura. Ma è qui che si inserisce Mimara. È il 1949 e lui, già probabile amico di Göring e già arrestato in Svizzera perché ritenuto una spia dei servizi segreti della Jugoslavia, riesce a farsi designare come consulente del governo Jugoslavo nel Collecting Point — doveva rappresentare gli interessi del Paese nella spartizione del bottino di guerra. Ed è qui che conosce la donna che sposerà nel ‘57. Wiltrud Mersmann lavora al Collecting Point di Monaco: è lei a preparare la lista delle presunte opere jugoslave e a fornire al suo amante e futuro marito il punto di partenza della truffa miliardaria. La lista di Wiltrud è lacunosa riguardo alla provenienza delle opere (sono state occultate le property cards art che ne testimoniano i passaggi) e malgrado gli Usa sollecitino più volte maggiori informazioni, almeno sino al ‘56, nessuna pezza d’appoggio parte dalla Jugoslavia. Le 166 opere restano probabilmente in possesso di Mimara fino a quando il collezionista le dona allo stato, nel ‘73 in cambio di due case, una rendita annua di 100 mila dollari e una rendita per la moglie in caso di sua morte di 50 mila dollari. Oggi le opere di Mimara che ci riguardano sono al Museo di Belgrado, molte di quelle trafugate agli ebrei al museo Mimara di Zagabria, il più grande della città croata.