Corriere Fiorentino

Prima tenta di uccidere la ex, poi la spia sul web: in carcere

Vinci: l’aggression­e a luglio, all’uomo erano appena stati concessi i domiciliar­i

- Viola Centi

«Ho vissuto tre giorni di terrore, ma adesso sono più tranquilla. Anche se questo dolore non se ne andrà mai». Una donna di 42 anni che porta sul corpo e nell’anima i segni indelebili dell’aggression­e subita mesi fa, quando il suo ex fidanzato la ferì con un machete alla schiena. Una donna che per tre giorni, dal 30 novembre al 2 dicembre, ha vissuto un nuovo incubo. All’aggressore, in carcere da 5 mesi per tentato omicidio, erano stati concessi gli arresti domiciliar­i. E lei aveva paura che la andasse a cercare. E infatti l’uomo, un 44enne di Vinci, scarcerato alle 20 di mercoledì scorso, dopo tre ore si è connesso a Facebook, cosa che ha ripetuto anche il mattino seguente, pubblicand­o alcuni post provocator­i nei confronti della ex e cercando di «spiare» la sua attività social. Il fatto non è sfuggito né alla donna né all’avvocato che la assiste, Guglielmo Mossuto, che in meno di 24 ore aveva già presentato una memoria al giudice, il quale ha ritenuto di procedere alla custodia in carcere piuttosto che ai domiciliar­i. A luglio l’uomo si era introdotto nella casa di Montespert­oli dove aveva convissuto per anni con la ex e di cui aveva ancora le chiavi. Non accettava la fine della loro lunga relazione, avvenuta a febbraio scorso, dopo una lite furiosa. «Quel giorno a febbraio mi massacrò di botte, era la prima volta che mi metteva le mani addosso. Mi chiusi in bagno e minacciai di chiamare i carabinier­i. Allora se ne andò e ci lasciammo». Quella mattina di luglio invece l’aveva aspettata sdraiato sul letto per sorprender­la dopo una serata trascorsa con alcuni amici e l’aveva minacciata verbalment­e. Poi l’aveva inseguita per casa, brandendo un machete, riuscendo a ferirla alla schiena. «Pochi centimetri più su, e mi avrebbe staccato la testa. Come si fa a concedere i domiciliar­i a uno così? Ha tentato di ammazzarmi e mentre ero sdraiata in una pozza di sangue mi ha detto che se l’avessi denunciato mi avrebbe ritrovata e ammazzata. Ho avuto davvero paura in questi giorni». È stato come se quella ferita, dolorosa e che le crea problemi anche per il lavoro che fa, si fosse riaperta di nuovo: «È stato un film dell’orrore, siamo vicini al processo (l’udienza preliminar­e è fissata per il 12 dicembre, ndr) e per me è stato un trauma sapere che lui era a casa. Poteva venire a uccidermi. A luglio mi è andata bene, non ero sola in casa, l’amico che era con me fu molto coraggioso, lo affrontò rischiando di farsi ammazzare. Mi sento una miracolata, e questa cicatrice la porto senza vergogna».

La donna ha pubblicato su Facebook le immagini dell’aggression­e, così come durante il ricovero in ospedale ha reso pubbliche le sue sofferenze: «Parlerò sempre di quello che mi è accaduto, per cambiare le cose e per essere vicina alle altre donne vittime di violenza. Mi sento la voce anche di chi non c’è più: mi è stata concessa questa possibilit­à, e questo mi dà forza nei momenti di sconforto. Devo combattere anche per loro».

La vittima «Un lungo incubo: quando ho saputo che era tornato a casa ho avuto paura»

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