Banca Etruria, l’assoluzione dei vertici e il nodo Bankitalia
Il primo round giudiziario per Banca Etruria è finito con l’assoluzione degli ex vertici. La questione riguarda la Banca d’Italia e l’ipotesi (caduta) che fosse stata ostacolata, nascondendo o truccando informazioni importanti. Ma la Vigilanza, che si era costituita parte civile chiedendo danni per 320 mila euro, secondo il Gup non è stata ingannata. Via Nazionale ha fatto ispezioni in Banca Etruria a partire dal 2010, quando non fu rilevata nessuna irregolarità, per poi proseguire nel 2012 quando venne individuata la necessità di un rafforzamento del patrimonio e degli accantonamenti per i crediti deteriorati, comunicata in una lettera al Cda nel mese di luglio. All’inizio del 2013 Etruria obbedì con l’operazione composta da un aumento di capitale e dall’ormai notissima emissione di obbligazioni subordinate. L’attività degli ispettori durò circa un anno, dal dicembre 2012 all’ottobre 2013, e fu seguita dalla lettera del Governatore che giudicava irreversibile il «degrado» dell’Etruria e invitava il management a trovare un partner per la fusione. È noto che avrebbe visto di buon occhio la Popolare di Vicenza. «Ogni passaggio veniva concordato con gli ispettori» racconta una fonte che ha vissuto quei giorni. Anche per questo il commissariamento del febbraio 2015 sembrò un fulmine a ciel sereno. Il resto è storia recente. Secondo la Banca d’Italia i crediti dell’Etruria erano molto più deteriorati di quanto i suoi amministratori mettessero a bilancio. Dovevano essere svalutati e la riscrittura provocò un buco così grande da portare alla risoluzione della banca. Con l’azzeramento delle azioni e delle subordinate, molte in mano ai risparmiatori che oggi si chiedono: «O si sono nascoste le sofferenza oppure Banca d’Italia non doveva risolvere la banca e valutarle al 17%». E tornano a chiedere alla Procura di indagare anche su Consob e Bankitalia, che, ad oggi, non risultano sotto la lente dei pm.