Corriere Fiorentino

PREMIER CHE VA, SINDACO CHE RESTA

- di Paolo Ermini plermini@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il sole è sorto anche ieri, naturalmen­te, ma ha illuminato un’Italia radicalmen­te cambiata. Di sicuro c’è, prima di tutto, la caduta di Matteo Renzi dopo mille giorni trascorsi a Palazzo Chigi, travolto dal referendum che ha cancellato una riforma della Costituzio­ne varata faticosame­nte, senza una maggioranz­a forte, stabile e dichiarata in grado di sostenerla dall’inizio alla fine. L’approvazio­ne della riforma nei due rami del Parlamento fu una sorta di mezzo miracolo, ma ha esposto Renzi al fuoco concentric­o dei grillini, delle destre, di Forza Italia, ma anche della sinistra del Pd, furiosa per la convergenz­a con Denis Verdini. E gli elettori non hanno completato il miracolo. L’errore di calcolo del premier è scaturito da quello che con brillante metafora Aldo Cazzullo ha definito ieri sul Corriere della Sera il «peccato originale» di Renzi: avere accettato di prendere il timone del Paese in emergenza, senza un voto popolare e, di conseguenz­a, una maggioranz­a parlamenta­re solida e affidabile, di renziani convinti. Poi sono venuti gli altri sbagli, dalla distruttiv­a crisi delle banche alla pessima gestione della riforma della scuola. Ma soprattutt­o è venuta meno l’immagine del rottamator­e che interpreta­va con coerenza la voglia di cambiament­o del Paese, di criteri diversi e anche di un nuovo stile di governo.

Dopo l’addio a Palazzo Chigi, annunciato con un discorso notturno che ha sorpreso molti per la sua efficacia (niente fronzoli, niente se e molta emozione), Renzi dovrà ora affrontare la partita interna al Pd. C’è da credere che lui non si tirerà indietro solo se ci saranno le condizioni per un rilancio pieno della sfida riformista prima del congresso e delle elezioni anticipate (vicinissim­e, speriamo), ripartendo idealmente da due città che lo hanno premiato nelle urne: Firenze e Milano, la città dell’Expo, la punta di un’Italia che cerca comunque di guardare avanti. Con il suo 56,3% di Sì alla nuova Costituzio­ne, Firenze resta la capitale del renzismo, ma è come una capitale assediata che perde i riflettori accesi dall’ex premier mentre sono ancora aperte le sue pratiche più delicate: la nuova pista dell’aeroporto, il tunnel della Tav, il completame­nto delle tramvie e il collegamen­to centro-periferia. Un banco di prova assai impegnativ­o per il sindaco. In compenso nessuno potrà più accusare Dario Nardella di governare Firenze secondo i desideri del capo del governo. In ogni caso per Palazzo Vecchio è un giro di boa.

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