CON TRE INDIZI IO DICO: QUESTO GOVERNO NON LASCIA, RADDOPPIA
APorta a Porta l’altro ieri sera Angelino Alfano ha dichiarato che a suo avviso si andrà alle elezioni anticipate a febbraio. Lì per lì, un po’ tutti hanno capito che il voto ci sarebbe stato nel febbraio del 2018 con un governo nuovo di zecca. Il ministro dell’Interno però ha precisato, e ha confermato nell’intervista al Corriere della Sera di ieri, che a suo modo di vedere si sarebbe andati alle urne di qui a poco.
La dichiarazione di Alfano è intervenuta — si badi bene — dopo un colloquio del ministro con il presidente del Consiglio, e dopo che Renzi era stato ricevuto per ben due volte — mattina e pomeriggio — da Mattarella. Ora, come direbbe Agatha Christie, un indizio è un indizio, due indizi sono due indizi, ma tre indizi fanno una prova. E la prova, se la logica ha un fondamento in politica, è che ci sarebbe già un accordo di massima tra il Quirinale e Palazzo Chigi per accelerare al massimo le elezioni anticipate. Certo, nella conferenza stampa improvvisata nella notte del responso referendario, Renzi pareva orientato a mandare tutti quanti a quel Paese. Al carattere, si sa, non si comanda. Ma poi è intervenuta la moral suasion di Mattarella e le cose sono cambiate da così a così. Per cominciare, l’inquilino del Colle ha suggerito al premier di non rassegnare le dimissioni per consentire alla legge di bilancio di andare in porto anche al Senato. In effetti, Renzi ha semplicemente manifestato l’intento di rassegnare le dimissioni. E Mattarella, a sua volta, ha invitato il presidente del Consiglio a soprassedere alle dimissioni per presentarle dopo il voto del Senato. Ciò significa, filologicamente parlando, che non è corretto parlare di dimissioni congelate. Visto che non sono state mai date. È arcinoto che Mattarella non è mai stato favorevole all’ipotesi di elezioni anticipate. Ma dovrà prendere atto che in questa legislatura non esistono valide alternative al governo in carica. Certo, potrà provare la carta Padoan o la carta Grasso. Ma se il Pd si mette di traverso perché ritiene non a torto che non è il momento di varare governicchi per qualche mese, si spalancheranno le porte alle elezioni anticipate il prima possibile, a febbraio o giù di lì. D’altra parte la cosa non può dispiacere a Renzi. Gl’insuccessi, come i successi, hanno un effetto moltiplicatore. O si gioca d’anticipo o si rischia di tirare le cuoia per mano dei soliti «amici». Un po’ tutti — da Alfano a Lotti a Parrini — hanno riflettuto sul fatto che un 40% al referendum si è schierato per il sì: un blocco piuttosto omogeneo favorevole in sostanza al governo. Di là c’è un 60% che ha potuto fare della riforma costituzionale tabula rasa ma che non è in grado di costruire alcunché. E dopo la sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum non ci saranno più ostacoli per andare al voto. Già, ma con quale governo? Di sicuro con quello dimissionario che il Colle resusciterà ad hoc. La prassi più recente è in questo senso. Una volta si andava alle urne con un nuovo governo nominato a bella posta, ma dal 1992 con il settimo gabinetto Andreotti fino al 2013 con il gabinetto Monti sono stati i governi vecchi a gestire le elezioni. E questa nuova prassi pare la più corretta. Come se non bastasse, soccorrono i tempi tecnici. La legge di bilancio sarà votata dal Senato attorno a Natale. Dopo di che Mattarella farà le consultazioni di rito e saremo a un passo dalla fine dell’anno. Delle due, l’una. O conferisce a qualcuno l’incarico ben sapendo che avrà le stesse probabilità di vita di un gatto in autostrada. O respingerà le dimissioni di Renzi, il solo petalo della rosa che gli è rimasto in mano, e si andrà dritto dritto alle elezioni. Tra lo scioglimento delle Camere e le elezioni deve intercorrere un arco temporale tra 45 e 70 giorni. I conti tornano: a fine febbraio si potrà votare. Come alla «Ruota della Fortuna», alla quale ha partecipato da ragazzo, Renzi non lascia. Raddoppia. Per senso di responsabilità verso il Paese, secondo il consiglio di Mattarella. Ma anche per convenienza personale, potendo contare su quel blocco del 40 per cento. E poi non si è toscani per niente. Come Amintore Fanfani si consolava dopo ogni batosta, alle Quaresime seguono le Resurrezioni. E di un Rieccolo come Renzi sarà dura liberarcene per sempre.