Grosseto choc
Vandali allo stadio, segata la porta «Un gesto vile»
Il sogno (americano) spezzato. Il palo della porta sul campo dello stadio Zecchini segato nottetempo è l’immagine, brutta, di quello che sta succedendo al Grosseto calcio. La porta che ieri mattina è stata trovata divelta è quella sul lato della curva nord, quello che una volta era il cuore del tifo biancorosso e che adesso invece è solo un pezzo di stadio lasciato vuoto dai tifosi da inizio campionato (serie D) per protesta contro la società, gestita da un gruppo di soci italo-americani.
In questo caso si è andati oltre la contestazione, con un atto vandalico sul quale sta indagando la polizia attraverso i video delle telecamere di sorveglianza: «Tutto ciò non è riconducibile al gioco del calcio ed alla passione per tale sport», scrive l’Fc Grosseto. Ma è solo l’ultima tappa di un’odissea cominciata da tempo. Difficile a memoria ricordare un sindaco che querela il presidente della squadra di calcio della città: è successo la scorsa settimana con il primo cittadino Antonfrancesco Vivarelli Colonna contro Massimiliano Pincione per le contumelie che il patron avrebbe rivolto La porta segata dello stadio Zecchini, Sopra, il patron del Grosseto Massimiliano Pincione al sindaco in una trasmissione televisiva locale, dopo il decreto ingiuntivo dell’amministrazione al club per il mancato versamento dei canoni per lo stadio. Dove c’era già stato un ufficiale giudiziario, con un atto di pignoramento, alla ricerca di beni da poter «sigillare» per garantire il rispetto del pagamento delle spettanze ad un ex dirigente (Rodolfo Mirri) era però stata vana... Mancavano le chiavi della sala lavatrici, unici beni non di proprietà del Comune allo Zecchini. Poi la raffica di sentenze della Commissione Accordi Economici che condanna il club a pagare i debiti con i giocatori della scorsa stagione. Quelli di quest’anno stanno scappando. Il motivo è sempre lo stesso: i soldi. E la squadra va sempre più giù, nei bassifondi della serie D.
Come è lontana l’estate del 2015 quando furono accolti come salvatori Pincione e soci arrivati all’improvviso da New York per rifondare il club cancellato da Piero Camilli, il presidente dell’epoca d’oro chiusa nella maniera peggiore, con la mancata iscrizione dei biancorossi al campionato di Lega Pro per puntare sulla squadra della sua città, la Viterbese. Dopo qualche mese di idillio e grandi investimenti, le prime crepe tra la proprietà a stelle e strisce e l’ambiente. Cominciano le voci sui fornitori non pagati, così come i calciatori. Le polemiche con il Comune sulla gestione dello stadio Zecchini e sulla mancata concessione di una convenzione pluriennale. Sul campo la squadra si gioca il ritorno tra i professionisti fino alla fine proprio contro la formazione dell’ex patron Camilli, perdendo il duello. Ma la corda si rompe quest’estate, quando il club rinuncia ad un ripescaggio in Lega Pro pressoché certo. «Non si intende polemizzare o dare adito a malumori, ma ci troviamo nel mezzo di un contenzioso che nulla ha a che vedere con il calcio giocato», si legge nella nota diramata ieri dal club biancorosso dopo la scoperta del palo spezzato. Risveglio amaro, per tutti.