Renzi-Pd, la resa dei conti
Oggi la direzione a Roma. Rossi: vado e parlo, adesso serve un segretario di garanzia. Nardella: errore inseguire quelli del No
Potrebbe arrivare già stasera, complice la fiducia che il governo vuole chiedere, il voto del Senato sulla legge di bilancio, passaggio fino al quale le dimissioni del premier Matteo Renzi sono state congelate su richiesta del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ma se da un lato Renzi accelera, dall’altro la Corte Costituzionale ha fatto sapere di aver fissato solo al 24 gennaio l’udienza sulla incostituzionalità della legge elettorale, battezzata Italicum, col rischio che si vada a votare a fine primavera.
L’Italicum vale solo per eleggere la Camera e il nuovo esecutivo, o il Renzi-bis, dovrà varare anche la legge per il Senato dopo la bocciatura di parti del Porcellum nel 2014 da parte della Consulta, ma intanto oggi il Pd inizierà a confrontarsi nella direzione nazionale in calendario nel pomeriggio. L’atteso appuntamento è fissato per le 17 e 30 e da via del Nazaremo arriveranno i primi indizi su cosa intende fare Renzi e su come intende affrontare le divisioni del partito, ma anche le richieste delle minoranze («io andrà e chiederò la parola», annuncia il governatore Enrico Rossi, che da tempo si è candidato alla segreteria nazionale). L’ex sindaco di Firenze ha già fatto sapere che resterà alla guida del partito visto il momento delicato, rispondendo così indirettamente a Rossi che gli ha chiesto un passo indietro ed un «segretario di garanzia» fino al congresso previsto ad ottobre. Ieri Rossi ha spiegato che «si deve mettere in sicurezza il Paese, approvare la legge di bilancio, ma anche garantire un governo che duri il tempo che è necessario per la stabilità e per fare la riforma elettorale», ma il sindaco di Firenze Dario Nardella ha bocciato la sua linea. «Noi abbiamo portato al Sì 13,5 milioni di voti: non solo del Pd, ma in gran parte sono nostri. E sono molti di più di quelli raccolti alle Europee del 2014 e molti di più delle politiche del 2013, quando era Bersani il segretario del partito — ha spiegato Nardella — Tutti gli analisti stanno dimostrando, dall’analisi del voto, che quella parte del Pd che ha scelto il No è largamente e assolutamente minoritaria. Se fossi in Rossi, non scommetterei su questa parte largamente minoritaria». E sul cambio di leadership invocata dal governare dopo la sconfitta di Renzi nel referendum ha aggiunto: «Non sono d’accordo con il presidente della Regione dal punto di vista politico, anche se collaboro con lui sul piano istituzionale dove siamo all’opera insieme per il bene di Firenze e della Toscana».