QUEL DOSSIER PROFETICO
Il 2 dicembre Massimiliano Valerii e Giuseppe De Rita, rispettivamente direttore generale e presidente del Centro Studi Investimenti Sociali (Censis), hanno presentato il cinquantesimo «Rapporto annuale» al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), ente considerato inutile e che la vittoria del No invece ha salvato. Una mossa quasi profetica. De Rita ha ricordato che il rapporto è «l’autocoscienza collettiva» del Paese, spesso criticato dai politici che pensano che tutto possa cambiare rapidamente, magari usando la pancia invece della testa. Il«Rapporto» fotografa senza sfocature la nostra realtà e spiega meglio di tante chiacchiere in «politichese» perché ha vinto il No.
Quest’anno ci sono quattro novità pesanti. Dalla nascita dell’Italia unita non era mai successo che nascessero così pochi figli e che diminuisse il numero complessivo della popolazione. Dal dopoguerra non era mai successo che vi fossero tassi d’interesse bancario intorno allo 0% e un ammontare degli investimenti così basso. Dalla nascita dell’Europa unita non era mai successo che si innescasse una retromarcia così forte nel processo di integrazione politica ed economica dell’Ue. Lo slogan coniato dal Censis è: «Un Paese che vive di rendita, senza proiezione sul futuro». Dominano l’immobilità sociale e l’insicurezza, visibili con la crescita di due «bolle» emergenziali. Innanzitutto continua a gonfiarsi un risparmio senza investimenti: 114 miliardi di euro dal 2007, equivalenti il Pil dell’Ungheria. E la liquidità totale. Nel secondo trimestre di quest’anno circolano in contanti o in depositi non vincolati 818 miliardi di euro, pari al valore dell’economia del quinto dei Paesi Ue, dopo Germania, Francia, Italia e Spagna. Di riflesso l’incidenza degli investimenti sul Pil è del 16,6%, molto lontana dalla media europea e al minimo dal dopoguerra. Si risparmia tanto denaro, ma lo si tiene sotto il materasso, in attesa di tempi migliori... La seconda «bolla» è invece quella dell’occupazione. Cresce, ma è a bassa produttività, con professioni non qualificate. Dalla nuova occupazione non provengono stimoli alla domanda interna. E decresce il peso del ceto medio e della componente operaia, artigianale e agricola. Ma l’aspetto più grave è il ko economico dei giovani: per la prima i nostri giovani sono più poveri di padri e nonni. Mentre gli over 65 hanno incrementato il loro reddito del 24,3 %. Aspettative piatte o negative, con una società che si regge sulle ricchezze dei pensionati...