Rossi: Renzi guidi la minoranza I renziani: attento, rischio Sesto
Governatore di nuovo all’attacco. E dal Pd : non confondere il congresso con la Regione
«La storia politica di Renzi non è finita, deve continuare rappresentando una minoranza liberale che c’è dentro il Pd, confrontandosi con una maggioranza che secondo me deve essere invece di impronta sociale, quella a cui mi vorrei ispirare». Enrico Rossi parla ad Agorà su Rai 3 e sembra già archiviare l’«epoca Renzi». Lui si è candidato contro Renzi da più di un anno, quando sembrava un’eresia solo pensare qualcuno potesse scalzare il premier dalla guida del Pd. Ma è solo un pezzo di una tensione che dagli equilibri nazionali scende direttamente nel governo della politica toscana.
Subito dopo il voto il segretario Pd Dario Parrini ha attaccato Rossi: il No al referendum ha prevalso nelle zone della costa, la colpa è della Regione. «Non sono per niente contento del lavoro svolto da Rossi e dalla Regione sulla costa, a Grosseto e Massa Carrara». Una frase a cui Rossi aveva risposto: «Non mi viene niente di intelligente da replicare...». E cosa risponde Parrini alle dichiarazioni sulla «vita politica» di Renzi? «Non ho niente di intelligente da replicare».
Un dialogo tra sordi. Ma al di là delle schermaglie verbali, le divisioni del Pd, le dinamiche in vista del congresso (se e quando ci sarà) pesano sulla vita della Toscana. Un presidente candidato al congresso, un Consiglio a trazione renziana, mentre a Roma la maggioranza ex renziana si sfalda. Tenere separati i fronti, come vorrebbe il Pd toscano, non è facile. Il capogruppo Pd in Palazzo Panciatichi, Leonardo Marras, avverte Rossi: «Non siamo alzapalette». «Concordo con Marras, il nostro non è un consiglio di alzapalette: lo stiamo facendo sulla legge del turismo e su quella sul credito, su cui siamo su posizioni diverse di Rossi», insiste la vice del gruppo, Monia Monni (renziana doc). «Nel partito ci sarà il momento di confrontarci e contarci. Ma mi dà un fastidio viscerale chi brinda alla sconfitta del governo». Rossi non lo ha fatto: «Ma passati 10 minuti ha rilanciato su una nuova segreteria».
Un po’ difficile però «fare sintesi» (parola che farebbe venire i brividi a Renzi), dato che le posizioni di Rossi e del premier uscente (ma soprattutto dei renziani) si allontanano sempre di più. «Abbiamo condiviso un programma di legislatura, quello ci unisce» dice Monni che però avverte: «Ho visto a Sesto (dove il Pd si è diviso ed ha vinto il candidato di Sinistra Italiana, ndr) quello che succede quando le guerre di partito finiscono nelle amministrazioni. Le istituzioni vanno protette». Una protezione che però sembra perdersi, in questi giorni di subbuglio nel Pd nazionale. E Rossi è solo uno dei (possibili) candidati della sinistra al congresso. Elisa Simoni, «giovane turca» orlandiana, manda un messaggio a Rossi: «Non so cosa farà Renzi: so solo che ora dovrebbe occuparsi del Paese in un momento delicato. Il renzismo, quello sì, ha mostrato tutta la sua fallibilità: spero Rossi intendesse questo». Quindi lei sta con Rossi? No, spiega Simoni: «Ho sempre pensato che Enrico si sia candidato troppo presto e non so su cosa. La fase congressuale si apre non su “con chi stare” ma “su cosa fare”». Ed avere più candidati a sinistra, insomma, è solo fare un favore a Renzi. «Resta il fatto che per definire la natura del Pd come partito di centrosinistra i sostenitori di questa linea politica non potranno essere solo quelli classicamente considerati ex comunisti. Questa divisione (ex Pci contro ex Dc) nel Pd non esiste più». Forse ormai esiste solo quella renziani-non renziani. Ma le maggioranze, in Consiglio regionale, sono state fatte con altri equilibri.
Elisa Simoni Spero che con quella frase Rossi intendesse sottolineare la debolezza del renzismo...