«Al voto, al voto. Anche se perdiamo la pensione»
Donati, onorevole aretino: sono stato tra i primi a chiederlo, tra i toscani in molti stanno con me
Classe 1980, aretino, renziano doc, amico di lunga data di Maria Elena Boschi, commerciante e impegnato in politica da tempo, Marco Donati è uno dei parlamentari toscani Pd vicini al premier.
Onorevole, Renzi si è dimesso: che succede?
«Lo avevo già detto subito dopo la chiusura delle urne referendarie e lo ripeto: si deve andare subito al voto. Il prima possibile. Sono stato tra i primissimi a chiederlo»,
Anche se sciogliendo le Camere prima di settembre non avrete la pensione?
«Se questo problema esiste è di qualche singolo, non certo mio né del Parlamento. Intanto per fortuna i vitalizi, una delle vergogne che ha fatto allontanare la gente dalla politica, non ci sono più e adesso si riceve una cifra pari alla indennità versata, cosa su cui nessuno ha da ridire, neppure il Movimento Cinque Stelle. Serve, dicevo, il voto».
È sicuro che anche gli altri renziani toscani la pensino come lei sulla pensione?
«Tra i toscani il “voto subito” è il partito più accreditato. Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha il dovere di esercitare le sue prerogative e farà sì che la legislatura duri cinque anni, ma detto ciò dopo il voto degli italiani si deve tornare alle urne appena possibile».
Come si vivono da renziani questi giorni a Roma?
«Devo dire che nel Parlamento c’è un grande senso di responsabilità, e anche se il quadro politico e nei gruppi è frastagliato, anche nel gruppo dem ci sono opinioni diverse, vedo grande dignità in questa istituzione. Ora serve tranquillità, e stabilità per il Paese».
Se non sarà rieletto cosa farà, tornerà a fare il commerciante?
«Matteo Renzi ha ridato dignità alla politica anche sottolineando che è un fatto temporaneo, un privilegio a termine. Oggi tutti cambiano più lavori o impegni nell’arco della vita e non vedo perché non debbano farlo anche i parlamentari. Io, se accadrà, tornerò a lavorare nell’impresa di famiglia o cercherò un’altra strada; ho già due o tre idee».
Che fine hanno fatto le quarantaquattro azioni di banca Etruria che lei possedeva nel 2013?
«Come tanti aretini ero un piccolissimo azionista di Etruria, per 50 euro, oltre ad averci un conto. Era un segno di affetto per la nostra banca, un legame simbolico. Le azioni ovviamente sono state azzerate e tanti concittadini mi hanno chiesto spiegazioni in questi mesi, ma la città ha reagito alla strumentalizzazione, a chi ne voleva fare un esempio negativo nazionale; e il Sì ha vinto in città e quasi ovunque in provincia di Arezzo».
Le mie 44 azioni di Etruria? Segno di affetto per la nostra banca