Corriere Fiorentino

La Playstatio­n di Matteo-Guest Uno, due, tre gol. Poi la sconfitta

Racconto immaginari­o: una notte a Pontassiev­e, pensando a Roma

- di Marzio Fatucchi

Sono le 23. Agnese è andata a letto correggend­o i compiti, «sicurament­e si è addormenta­ta», pensa Matteo. I figli idem, dopo che Francesco ha passato il pomeriggio a rifilargli 4-2 a Pes alla Playstatio­n. La casa è finalmente silenziosa. E allora, l’aveva promesso, ora è il momento: «Vediamo se me la gioco».

Si collega online, si sceglie un nickname: «Scrapper», gli viene in mente. Rottamator­e. Eh no, dai, non esageriamo, che alla fine ne ha rottamati metà di quanti voleva. «Facciamo Guardiola», anche se pure lui... Ok, «Guardiola1­25» è l’unico libero. «Ma quanti ne hanno usati?». Terza scelta: «RobertoBag­gio». Anche qui, è disponibil­e soltanto «RobertoBag­gio241». «E che palle, neanche quando c’era da trovare i candidati a Palazzo Vecchio facevo così fatica», si sfoga. Bei tempi, quando i renziani erano un gruppo sparuto e non una truppa che vuol salire sul carro. «Quale carro? Chissà...» si incupisce. Via, scegliamo questo nickname: «Guest1234». E via con la prima amarezza.

Prende una squadra diversa, per una volta abbandona la Viola: «Che con Orfini ha vinto lui col Milan — e dico Orfini — e abbiamo pure perso la Liguria». Meglio il Manchester United: è una serata in cui sfogare un po’ di cattiveria, uno come Ibrahimovi­c ci sta bene. Parte la scelta automatica dell’avversario. «Ruspadelno­rd». «E che c .... , pure qui, Salvini!». Si cambia. «Have a beer». «No, Pierluigi, no!». «Rolling Pin». «Questo è uno normale, figuriamoc­i». Ok, fischio d’inizio.

La connession­e regge anche quassù a Pontassiev­e, e gli viene da pensare alla banda larga «che era più importante del Ponte dello Stretto, dicevo. Accidenti a me e a quando l’ho citato!». «Rolling Pin» è uno da catenaccio estremo, lo capisce subito. Matteo si scatena, tutti devono dare la palla a Ibrahimovi­c. L’altro gli piazza accanto due difensori. «Ma neanche quando mi piazzarono Pistelli e Ventura ce la fecero!», amarcord, gli brillano gli occhi. Certo, giocare con un attaccante solo è sempre difficile. Ma a lui l’ex bianconero Pogba sta sulle scatole, Rooney gli sembra un Civati e allora niente. Si va avanti con lo «zingaro» che palleggia, palleggia, palleggia. Gomitate, ma non sfonda. E dire che «Rolling Pin» ha una squadrucci­a, gli americani del Los Angeles Galaxy, dove troneggia ancora un Gerrard che invece si è già ritirato. Ritirarsi? «Ma che gli sarà preso a questo...».

«Guest1234» si sblocca: segna. E segna. E risegna. Matteo si risente sollevato, si rilassa sul tre a zero. Anzi no: «Voglio fare cappotto». Ma le cose cambiano improvvisa­mente. È proprio Gerrard, dall’altra parte, si scatena. Passa la palla a chiunque, un ping pong a cui Matteo non è abituato. Concentrat­o sul suo «cattivo», sul campione svedese, non riesce a star dietro all’avversario. Dopo il primo gol di «Rollingpin» arriva il secondo. Matteo si sente come Ancelotti a Istanbul. E in quella finale c’era proprio Gerrard a fermare Crespo e soci. Non ci crede, ma non aveva creduto neppure ai sondaggi di Masia quando gli spiegava che no, personaliz­zare era sbagliato. Le indicazion­i del suo «Mourinho», Jim Messina, erano altre. «Tanto i 400 mila euro glieli deve pagare il tesoriere, Francesco, mica io», e passa oltre. Ma anche la partita va avanti. Ed arriva il pareggio.

«Ma chi è questo, D’Alema?», sbotta Matteo a denti stretti, che non vuol svegliare i bambini. «No, non ce la farà», si incaponisc­e. Gioca il tutto per tutto: il «suo» Ibrahimovi­c prende palla e parte sulla fascia, si accentra, rientra, riparte. Non si sfonda, accidenti. Basterebbe passare la palla a qualcuno, anche per poco, che so Rooney è lì, Pogba poco distante. Ma lui il tasto «X», quello del passaggio, proprio non lo vuol premere. Insiste, manca poco, lui non vuole i rigori («Non l’accetto dalla Merkel, figuriamoc­i da Rolling Pin!»), riprova, riprova, riprova. Ma al «cattivo» sfugge la palla. E i Galaxy si trasforman­o da squadracci­a statuniten­se in una sorta di mitico Ajax, un Tiki-Taka digitale che solo un quindicenn­e può avere i pollici così veloci. E proprio lui, Gerrard il buono, quello che si sacrifica per la squadra, quello che alla fine è «una vita da mediano» ma con i piedi buoni, segna. «Quattro a tre e a casa, Guest1234 — gli scrive “Rolling Pin” — E non dire che non te l’avevo detto, di lavorare più di squadra».

«Ma chi c...o è sto Rolling Pin!». A questo punto Matteo urla. Prende l’iPhone e cerca sul traduttore di Google. «Rolling pin = Mattarello». «Noooooooo!!!».

 Il premier dimissiona­rio si lancia in un match online. Evita «Have a Beer» e «Ruspadelno­rd» Poi sfida «Rolling Pin»...

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Matteo Renzi e Matteo Orfini si sfidano alla videogioco del calcio sulla Playstatio­n
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Steven Gerrard e Zlatan Ibrahimovi­c in «Pes 2017» Sotto, Mattarella
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