Monte dei Paschi, il bivio dei risparmiatori Aspettando il Cda
Oggi il Cda potrebbe chiamare in causa gli obbligazionisti: aderire e perdere qualcosa o rischiare tutto?
Banca Monte dei Paschi vive il suo weekend più lungo, un’incertezza cominciata venerdì sera con le voci di un rifiuto da parte della Banca Centrale Europea di concedere la proroga all’aumento di capitale. Così già oggi pomeriggio a Milano si riunisce nuovamente il Consiglio d’amministrazione del Monte dei Paschi per definire le prossime mosse. Mentre da Roma sarebbe arrivata una frenata all’intervento immediato dello Stato a sostegno dell’aumento di capitale — il decreto sarebbe in ogni caso pronto per essere firmato — venerdì sera i vertici dell’istituto senese hanno rilanciato l’ipotesi di proseguire nella ricerca di capitali privati, passando anche dalla riapertura della finestra di conversione delle obbligazioni subordinate in mano ai risparmiatori, il cui valore sarebbe vicino ai 2 miliardi di euro (la ricapitalizzazione è fissata in 5). Per chiudere l’aumento di capitale entro l’anno, come richiesto dalle autorità europee, l’operazione deve essere lanciata al più presto. Il Cda chiarirà se è fattibile o no.
Si riapre il dilemma per i risparmiatori del Monte dei Paschi: salvare la banca o perdere tutto. Tra le ipotesi circolate al termine del Cda di venerdì c’è quella di riaprire i termini per la conversione delle obbligazioni subordinate in azioni per ridurre l’importo da reperire sul mercato per l’aumento di capitale. Una riedizione di quanto già tentato dalla banca che lo scorso 28 novembre varò l’offerta di conversione volontaria delle subordinate. Perché un obbligazionista del Monte dovrebbe voler aderire alla conversione in azioni, rischiando — con l’aumento di capitale — di veder dimezzato o peggio il proprio investimento? Perché l’alternativa è il rischio di azzeramento delle obbligazioni, i risparmiatori perderebbero tutto.
Un totale di 4,5 miliardi di titoli per circa la metà in mano ai risparmiatori, 40 mila persone almeno stando ai dati al momento dell’emissione: ma non è possibile sapere quanti possano aver poi ceduto le obbligazioni sul mercato e quindi quanti siano i «piccoli» ad averle ancora in tasca. Con il primo round la banca ha raccolto circa un miliardo dagli investitori istituzionali, mentre l’adesione dei risparmiatori è stata minima: solo 98 milioni su due miliardi. Il motivo è semplice: la gran parte dei possessori non aveva un profilo adeguato a detenere le azioni, che sono uno strumento finanziario più rischioso delle obbligazioni. Chi anche avesse voluto, non avrebbe potuto aderire: la Consob, infatti, aveva raccomandato di verificare l’esatta rispondenza fra i requisiti di consapevolezza finanziaria dei clienti (riportati nel modulo Mifid) e i titoli in portafoglio. Tant’è che la banca, nella nota con la quale informò il mercato dell’avvio della conversione, specificò chiaramente che non avrebbe «raccomandato o consigliato» ai clienti di aderire.
Ma ieri, dopo aver preso atto del no opposto dalla Bce alla proroga per il lancio dell’aumento di capitale e del fatto che l’ombrello pubblico non si sarebbe (almeno immediatamente) aperto, l’ipotesi di bussare ai risparmiatori per trovare almeno un altro dei cinque miliardi che servono è tornata d’attualità. Il Cda di oggi dovrebbe esaminare numerosi aspetti tecnici per sciogliere il nodo principale: in che modo i risparmiatori che fino a ieri l’altro non erano idonei a detenere azioni, perché troppo rischiose, adesso dovrebbero poterlo fare? Chi si assumerà la responsabilità di autorizzarli? Come potrebbe la Consob rimuovere «i paletti» che fino ad oggi hanno bloccato la conversione?
Una domanda talmente spinosa che qualcuno la ritiene sostanzialmente retorica. «È una boutade, un’ipotesi talmente vaga che è difficile prendere in considerazione — dicono dalle associazioni dei consumatori — Ma se accade, sarà una festa per gli avvocati: nel caso in cui i risparmiatori dovessero perdere tutto, Consob e compagni sarebbero travolti da una valanga di cause». «La sensazione è che si rincorra la luna, continuando a spostare in avanti la resa dei conti ovvero l’ammissione che una soluzione privata e di mercato non è praticabile» aggiunge una fonte sindacale. E se invece oggi il consiglio di amministrazione del Monte dovesse dare il via libera al nuovo round di conversione delle obbligazioni subordinate, i risparmiatori si troverebbero un’altra volta al dilemma del prigioniero: dare il proprio (salato) contributo per provare a salvare la banca, o rischiare che fallisca e perdere tutto.