E le Province? Risorte, sul baratro
Resteranno in vita grazie alla vittoria del No al referendum, ma hanno bilanci disastrati e un terzo di dipendenti in meno
Province, dalla liquidazione siamo passati alla resurrezione. Ma il rischio che restino «zombie» è alto: morti viventi. Fuor di metafora, gli enti che dovevano essere cancellati dalla riforma Renzi-Boschi e che invece restano in Costituzione, sono ad un passo dal baratro finanziario. Il referendum non è la sola causa. Perché è un pasticciaccio brutto, con tanto di elezioni alle porte.
In Toscana, i primi a rinnovare Consigli provinciali e presidente saranno i «grandi elettori» di Massa Carrara: 215 tra consiglieri comunali e sindaci chiamati oggi al voto. Poi il 21 dicembre, tocca ad Arezzo, ma solo il Consiglio. Infine, l’8 gennaio, le altre 7 (ma solo a Grosseto anche il presidente). Con una complessità nata da un’altra riforma, quella Del Rio, che ha tolto il diritto di voto ai cittadini per eleggere le Province, passandolo solo ai già eletti. Ma doveva essere una riforma «ponte», in vista della cancellazione definitiva di questi enti. Da allora, in Toscana, sono state trasferiti personale e funzioni alla Regione ed ai Comuni, pure alcune sedi. Ma pure se depotenziate, hanno continuato a doversi occupare di cose serie.
L’edilizia scolastica superiore, la manutenzione delle strade (ma anche i controlli venatori, per dire, assieme all’urbanistica) restano nelle mani delle Province dalle quali, nel frattempo, sono usciti 1.000 dipendenti. «Ma ne sono rimasti 1.650» ricordano all’Upi (l’Unione delle Province toscane, doveva fondersi con l’Anci, chissà). Tradotto: i costi principali, quelli del personale, sono restati sulle spalle degli enti. Mentre un terzo dei dipendenti, soprattutto le figure apicali (funzionari e dirigenti) hanno deciso di mettersi al riparo, chiedendo la mobilità volontaria per Comuni e Regione. Tradotto ancora: sono rimaste solo o quasi figure intermedie, con tutti i problemi organizzativi (e riorganizzativi) che ne conseguono. Ma ce ne sono altri.
«Gli operai cantonieri non ci sono praticamente più: considerando che una delle due funzioni forti rimaste è la manutenzione stradale, capite che è un problema. L’ultimo concorso è del 2001, è quindici anni che non arriva nuovo personale» attacca Marco Zatini della Fp-Cgil.
Ma come «campano» le Province? Come entrate sono rimasti loro solo l’Imposta sulle immatricolazioni auto, quella sulla Rc auto, i cartelloni pubblicitari sulle strade provinciali e gli autovelox. «Con queste entrate non si fa un bilancio» spiegano dall’Upi. Per fortuna i Centri per l’impiego li ha presi in «avvaloramento», cioè come coordinamento, la Regione, che di fatto li paga: «Ma non si può andare avanti così: occorre intervenire con una legge e finanziamenti» avverte l’assessore al bilancio Vittorio Bugli. Anche perché, nel frattempo, i previsti tagli da un miliardo di euro (circa 90 milioni per la Toscana) decisi dal governo non consentono di chiudere neanche un bilancio, nel 2017. Neanche quello della Città metropolitana di Firenze. Erano già pronti gli emendamenti alla Legge di Stabilità per trovare le risorse aggiuntive: il governo ha messo la fiducia e sono saltati. Nessuna speranza, al momento, tanto che il presidente dell’Unione delle Province italiane, Achille Variati, ha scritto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per informarlo che «se non si individuerà un provvedimento straordinario, nessuna Provincia sarà in grado di fare i bilanci 2017 con la conseguente interruzione di servizi essenziali ai cittadini».
«Non c’è dubbio che rischiamo di non chiudere i bilanci — commenta il sindaco di Prato e presidente della Provincia Matteo Biffoni — ci sono i tagli precedenti e quelli futuri. Da gennaio saremo a malapena in grado di pagare gli stipendi, figuriamoci di investire in scuole o manutenzione di strade. Ora va definito il futuro di queste istituzioni. E bisogna essere chiari tra di noi: il 60% degli italiani ha bocciato la riforma, ora bisogna decidere come riorganizzare il territorio. Le Province ci sono, occorre avere gli strumenti per farle funzionare».
L’elezione indiretta I «grandi elettori», rappresentanti dei Comuni, andranno al voto per rinnovare i consigli provinciali Oggi tocca a Massa Carrara