QUESTI MILLENNIALS NEMICI DEI LEADER
Caro direttore, il referendum sulla riforma costituzionale è purtroppo nato male, come un referendum sul governo Renzi, e come tale finito peggio. Dal mio modestissimo, ma eccezionale, osservatorio «di strada» in questi giorni del dopo voto ho fatto un’indagine empirica sull’orientamento dei ragazzi e delle ragazze di Firenze dai 18 ai 25 anni. I famosi millennials. Ho tralasciato quelli ancora impegnati a scuola o all’università perchè ancora sotto l’involucro protettivo di una stagione piena di sogni, ideali, speranze e di una certa già avanzata formazione culturale. Quindi mi sono rivolto a quelli che sono già nel mondo del lavoro, stretti dalla fiorentinità che ne evidenzia gli atteggiamenti, gli orientamenti, i disagi di inserimento nel mondo del lavoro, dove le dinamiche sociali, economiche e culturali globali, li proiettano con straordinaria rapidità nella realtà della vita quotidiana della nostra città esponendoli all’incertezza come dato strutturale. Sono i millennials disoccupati, operai, commessi, pizzaioli, camerieri, piccoli imprenditori, precari, assunti a tempo determinato nei più disparati lavori occasionali. A loro ho chiesto dei valori in cui credono, di definire la propria identità e di raccontarmi della loro partecipazione alla cosa pubblica. Sintesi del sondaggio: è emerso il disincanto. Poco religiosi, agnostici nei confronti della politica del leader (che, se ha successo, diventa a sua volta classe dirigente, una colpa imperdonabile); usano i social network come una seconda pelle, in Rete imperversa il fai-da-te e così optano per la democrazia dei non leader. Nel moltiplicarsi di fenomeni come l’assenza di un lavoro stabile, lo smantellamento del welfare, la trasformazione multietnica della società, la paura della criminalità e degli attentati terroristici, si è diffusa tra i giovani la sindrome della preoccupazione sociale,la paura personale, e da qui la sfiducia nelle istituzioni, nel futuro della società e nel loro stesso destino. Da queste incertezze scaturisce il non impegno politico, il loro votare «contro» e non «per».
Per i millennials essere giovani oggi non è più un processo di transizione verso l’acquisizione di ruoli di adulti ma una fase della vita ben precisa: l’esser giovane è una condizione sociale! Le incertezze creano in loro uno strato di sotto-cultura con importanti conseguenze sulla loro identità personale e sociale, prolungando in essi in maniera artificiale la giovinezza e contribuendo a rinviare l’acquisizione dei ruoli adulti. Tutto ciò che è istituzionalizzato è per loro «casta», raccontato solo nelle stanze del potere, da cui si sentono candidati a restare fuori. Questi giovani sembrano completamente avulsi dall’idea di partecipazione politica. Invece sono tesi alla spasmodica ricerca di una loro identità, valori da esprimere, condizione economica accettabile, meno incertezze sul futuro che li aspetta. Concludo: io ho votato Sì alla riforma costituzionale perché la ritenevo una legge buona (Seneca diceva: «Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili»). Spero solo che in questo momento particolare si faccia presto a restituire ai nostri millennials una speranza, una nuova opportunità. Ma se ancora prevarrà l’interesse di «bottega» delle nostre classi politiche, in cui rientrano in gioco i «vecchi matusalemme» della politica, ci giocheremo una intera generazione.