Boschi-Lotti, il puzzle renziano
Lei al posto di lui accanto al neo-premier, lui resta a palazzo per sport, editoria, Cipe. Senza 007
Il premier Gentiloni cambia poco o niente rispetto all’esecutivo Renzi. Cambiano, però, ruoli e rapporti di forza sul fronte «Giglio magico» con Maria Elena Boschi e Luca Lotti, un ribaltone con sullo sfondo la battaglia finale per congresso Pd e urne.
Alla ministra uscente Boschi, madrina della riforma costituzionale bocciata dal 60 per cento degli italiani, il nuovo premier ha affidato con grande sorpresa l’alto grado di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, dove continuerà ad occuparsi anche di Pari opportunità, delega a cui tiene molto. Ruolo operativo nel cuore della macchina del potere di Palazzo Chigi: pedina, quindi, di massima fiducia del dimissionario Renzi. Su quella poltrona, fino a poche ore fa, sedeva Luca Lotti, da sempre braccio operativo dell’ex sindaco di Firenze. Quest’ultimo, detto «Il Biondo», diventa ministro dello Sport, ma continuerà a governare anche deleghe di peso con Editoria e Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), tavolo attorno al quale si decidono i finanziamenti per le grandi opere del Paese. A Lotti, rispetto ai rumors della vigilia, non è stata invece assegnata un’altra delega di forte rilevanza: i Servizi segreti, che rimarranno a Gentiloni.
Ma quali sono gli ingredienti che hanno innescato questo colpo di scena al vertice del potere renziano?
Nessuno potrà mai sapere con certezza assoluta cosa sia successo (non solo su questo caso in particolare) dietro alla porta dello Studio alla Vetrata, dove il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha lavorato, fino all’ultimo secondo, alle nomine dei ministri. Ma dal cerchio stretto dei renziani filtra che sia stato lo stesso Gentiloni, in anticipo rispetto alle febbrili trattative dell’ultima ora, ad aver scelto la Boschi come timoniera della macchina di Palazzo Chigi. E dietro questa scelta, ci sarebbe anche un motivo preciso: alleggerire la responsabilità istituzionale di Lotti, per consentire a quest’ultimo più agibilità politica. In parole più semplici: da sottosegretario alla presidenza e con la delega ai Servizi segreti, già dai prossimi giorni avrebbe avuto forti difficoltà a lavorare e ad esporsi sul fronte Pd. Renzi avrebbe infatti già incaricato «Il Biondo» di preparare il campo alla sfida finale del premier uscente: riconquistare il timone di un partito, che di fatto ha perso il 4 dicembre, per poi puntare alle elezioni. Sulla road map di Renzi, già fortemente accidentata, sono già segnate due date obbligate: il 5 marzo si dovrebbe tenere il congresso del Pd, per poi puntare alle urne nella prima metà di giugno, con una nuova legge elettorale. Un risiko rompicapo di cui, muovendo le pedine nel partito, si dovrà occupare appunto Lotti.
Anche Boschi, voluta sì da Gentiloni, ma sostenuta dalla spinta di Renzi, avrà una missione assai delicata: guidare al traguardo tutte le leggi e i decreti attuativi di cui lei conosce vita, morte e miracoli e che altrimenti rischierebbero in gran parte di naufragare.
Di certo, con le numerose riconferme di ieri al governo, per adesso i vertici del «Giglio magico» e tutti i rispettivi componenti delle «macchine» potranno ridisfare la valigia, già pronta nel caso in cui al posto del renziano Gentiloni fosse arrivato un governo tecnico o un premier di altro colore politico. Se Boschi e Lotti rimangono al governo, il deputato fiorentino Bonifazi continuerà a governare il forziere democratico come tesoriere Pd. Salvi, almeno fino a elezioni, anche il responsabile della corrispondenza di Palazzo Chigi, Pilade Cantini, anche lui arrivato da Palazzo Vecchio. Come l’ex comandante della polizia municipale di Firenze, Antonella Manzione, continuerà a governare il Dipartimento affari giuridici e legislativi del governo, e col grado di Consigliere di Stato.
La stagione renzian-toscana va quindi avanti, anche se con sembianze un pochino diverse. Tutto mentre il premier dimissionario, dopo la batosta di domenica prova ad ostentare sorrisi. Come quelli di ieri sera, quando ha passato la campanella all’amico Gentiloni (e la felpa di Amatrice che gli era stata donata dal sindaco della città colpita dal terremoto), che lo stesso Renzi aveva voluto agli Esteri. Un momento ben diverso da quando, nel 2013, il premier Enrico Letta fu costretto a passare la campanella all’ex sindaco di Firenze.
Tutti di nuovo a bordo Dopo le tante conferme del premier Gentiloni la truppa toscana ha ridisfatto le valigie