Regione, stessi poteri e stesse indennità Ma a rischio paralisi
Regione, primo atto dopo il referendum. Il Pd: rischio paralisi con Rossi candidato alla segreteria
Cin cin? Bottiglie stappate? A Palazzo Panciatichi, sede del parlamentino toscano, che torna oggi a riunirsi dopo il referendum, non si respira un clima di festa per lo scampato pericolo: niente tagli ai contributi per gruppi (oltre 200 mila euro) e alle indennità dei consiglieri. E soprattutto niente riduzione delle competenze.
Stessi soldi, stessa Regione.
Torna, il Consiglio toscano, nel segno di tre sfide su proposte di legge cruciali come il turismo, il piano regionale di sviluppo con al centro il futuro della Fidi, e la riduzione dei distretti sanitari, da 34 a 25.
E torna, il Consiglio regionale, come se mesi di battaglia referendaria fossero passati al pari di un forte terremoto senza crolli. Sarà importante capire gli stati d’animo, la voglia di futuro per un’istituzione, la Regione, in crisi di identità.
Eh scampato pericolo, consigliere Roberto Salvini? «Basta con la storia dei privilegi. Io prendo settemila euro netti al mese, duemila li devo dare al partito e con il resto devo pagarmi l’attività di consigliere. La maggioranza può usufruire della consulenza dei dirigenti, mentre per noi consiglieri di minoranza la vita è grama perché i consulenti costano. Io ne ho uno ma lo devo pagare di tasca mia».
Anche Manuel Vescovi, capogruppo della Lega, brinda politicamente alla vittoria del No: «Non sono per la riduzione delle indennità dei consiglieri ma per legarle alla produttività e a quanto percepiscono i dirigenti. Che quasi tutti guadagnano più di noi consiglieri. E poi io non sono per ridurre le competenze delle regioni. Sogno il federalismo, l’autonomia fiscale delle regioni...».
Accanto alla stanza dei leghisti si trova quella dei consiglieri del M5S: «I tagli mancati? Mah noi li avevamo già proposti, un anno fa: cinquemila euro lordi a consigliere, niente rimborsi, stop. La nostra proposta è stata bocciata».
E nel Pd, il partito del Sì? Leonardo Marras, capogruppo regionale, sta preparando una proposta di legge per recepire quello che prevedeva la riforma: uniformare cioè l’indennità del consigliere a quella del sindaco della città capoluogo. «Attualmente un consigliere che svolge anche il ruolo di presidente di commissione o capogruppo riscuote un’indennità mensile lorda (per dodici mesi) di 7.443 euro più 1.128 euro di funzione. Il sindaco di Firenze 7.798 euro. La differenza è di 773 euro mensili lorde», spiega Marras. Oltre a questi soldi un consigliere percepisce un rimborso di quasi duemila euro lordi uguali per tutti e una cifra che varia a seconda della distanza dalla città di provenienza. In totale ogni mese un consigliere viene a costare alla Regione dai dieci ai tredicimila euro lorde.
Quella del consigliere non sembra proprio una vita grama. Oltre alle indennità gode infatti di benefit come il pasto a undici euro (primo, secondo, contorno, frutta, dolce, vino), un contributo alle spese telefoniche e un tablet in comodato per i consiglieri che rinunciano al fascicolo cartaceo degli atti di aula cartaceo.
Nulla a che vedere, sia chiaro, con il passato quando i consiglieri godevano del vitalizio, di molti benefit e il pranzo costava due euro e mezzo, il prezzo di una fetta di cocomero, per dire. Qualche anno fa gli uffici regionali elaborarono delle simulazioni di quanto i vitalizi — soprattutto fino agli anni Ottanta — hanno pesato per le casse della Regione. Il caso più clamoroso? Quello di un consigliere eletto nel giugno del 1970, anno di nascita delle Regioni, e in carica fino al 1975, che in cinque anni ha versato contributi per 787 euro . In pensione dal 1995 il nostro consigliere al 31 gennaio 2014 ha riscosso per quei 787 euro di contributi, oltre 383 mila euro lordi. E continua ogni mese ad intascare il vitalizio. Che, assieme a quelli di oltre 150 ex consiglieri, incide sul bilancio del Consiglio regionale per 4,6 milioni.
Ma vista da qui, dalle stanze di Palazzo Panciatichi, dove spicca la gallery-Giani, come è stata ribattezzata quella in cui il presidente del Consiglio ha allestito i numerosi ritratti che pittori amici gli hanno fatto, il passato sembra pesare più come clima che come fardello economico da sopportare. Nel senso che c’è stato un tempo in cui il regionalismo aveva un orizzonte politico da raggiungere, un sogno da realizzare. Che i vari Fiorito e l’incapacità di risolvere i problemi degli amministratori regionali ha sgonfiato, corroso, ferito.
Così che la riforma è parsa a molti un’ opportunità — giusta o meno — di ridisegnare il regionalismo in crisi. Ma le Regioni restano così come erano, forse più virtuose ma grigie, depresse, senza slancio.
Il tema è quindi come rilanciare il regionalismo. L’assessore al bilancio e alle riforme Vittorio Bugli individua una possibile soluzione nelle macroregioni, che vedrebbe la Toscana insieme all’Umbria e alle Marche.
Non sembra però profilarsi, tra i sostenitori del Sì e del No, una spinta condivisa a costruire un nuovo regionalismo. Così che il rischio è quello di una Regione senza anima e senza identità mentre il governatore Enrico Rossi ha deciso per sé e per la Toscana un futuro sospeso tra Firenze e Roma. «Gli chiederemo come intende far fronte ai suoi impegni di governatore. Mica può delegare tutto al suo capogabinetto», polemizza Marras.
Tra crisi di governo, congresso del Pd alle porte e possibili elezioni si annuncia così un anno, il 2017, che rischia di essere perso per la Regione e per la Toscana. Fin dai consigli di oggi e domani sarà possibile forse capire che anno ci attende.
Marras (Pd) Chiederemo al governatore come intende far fronte ai suoi impegni Mica potrà delegare tutto Vescovi (Lega) Non sono per la riduzione delle indennità, ma per legarle alla produttività e a quanto percepiscono i dirigenti