La lotta ai lavavetri e alle paperelle sexy Lo «sceriffo» comandava, lui eseguiva
«Finisce l’era Bartolini». Quando nel luglio 2009 l’amministrazione Renzi decise il cambio ai vertici, il titolo fu obbligatorio. Perché Alessandro Bartolini era una figura di peso da ben prima che arrivasse alla guida degli oltre 850 vigili urbani di Palazzo Vecchio.
Bartolini, classe 1958, diventa agente di polizia municipale a Firenze a venti anni e si laurea in Scienze politiche da lavoratore. Appena laureato, comincia subito a «formare» gli agenti: è tra i consulenti Anci per la legge quadro sulla «nuova» polizia municipale, nel 1986. Da quel momento in poi, la sua è una carriera sempre in ascesa. Dopo aver lavorato alla «Scuola di polizia municipale», lascia Firenze perché vince il concorso per comandante a Bagno a Ripoli. Ma resta lì solo 5 anni: perché nel 2000 rientra nel capoluogo come vice di Marco Andrea Seniga. Il comandante si occupa dei grandi temi, Bartolini è l’«uomo operativo». E poi, sarà vice anche di Stefano Filucchi che, dopo pochi mesi, se ne andrà e arriverà proprio lui, il comandante in pectore da troppo tempo.
La sua sarà una gestione dei vigili con un fortissimo legame con l’allora «sceriffo», Graziano Cioni. È stato proprio l’ex assessore e vicensindaco a volere fortissimamente Bartolini a guidare i «fischietti» fiorentini. Cioni lancia la «sfida», Bartolini la rende operativa (o ci prova). Fino all’approvazione di quel «regolamento di civile convivenza» che portò Firenze sulle pagine nazionali dei quotidiani: lotta ai lavavetri, ai mendicanti e persino alle «paperelle sexy», fatte togliere da un grande negozi in via Calzaioli. Ma Bartolini è anche l’uomo che dette operatività all’idea del «nucleo antidegrado» di Cioni, il corpo si occupava di antiabusivismo e situazioni critiche. Ma la fase del Cioni è calante: e in quel momento in cui si andava in procura per qualunque motivo, partì anche un’inchiesta (finita nel nulla) su presunte «parzialità» nei controlli dei negozi. Come la gran parte degli esponenti del periodo Domenici-Cioni a Palazzo Vecchio, anche Bartolini finirà nel ciclone di Matteo Renzi. Ci vorranno mesi perché arrivi il sostituto, Massimo Ancillotti (sponsorizzato da Roma da parte di Marco Carrai). Per lui, Renzi — dopo un «casus belli», la sua assenza durante il difficile periodo dopo l’incidente in cui morì Carlotta Fondelli, ad opera di un’auto guidata da un vigile — preferì il trasferimento alla Sas, partecipata che l’allora sindaco sperava di «liquidare». Poi, dopo la vicenda giudiziaria che lo ha portato alla condanna di ieri, il Comune ha deciso di riportarlo in Palazzo Vecchio, all’anagrafe. E ieri Bartolini stesso ha voluto comunicare personalmente alla giunta la sua condanna.