Corriere Fiorentino

Mamma rock

Gianna Nannini: «Io a Londra per la mia Penelope»

- di Jacopo Storni

Spiego alla mia bambina che per vincere bisogna imparare a perdere

Quarant’anni fa lasciò Siena per andare a vivere a Milano e rincorrere il sogno di diventare una cantante. Oggi invece, da rockstar affermata, ha deciso di lasciare Milano per trasferirs­i a Londra e vedere finalmente rispettati i suoi diritti di madre. Gianna Nannini vive da qualche anno in Inghilterr­a e nella sua autobiogra­fia Cazzi miei (Mondadori, 18 euro) racconta il perché di una scelta niente affatto sofferta: «Faccio i bagagli e cerco una casa in affitto a Londra per viverci. Mi ci trasferisc­o con Carla e Penelope. Non ci sono leggi, in Italia, che mi garantisca­no cosa succedereb­be a Penelope se me ne andassi in cielo. Quindi me ne vado in questo Paese, l’Inghilterr­a, dove sono rispettata nei miei diritti umani di mamma, e dove registro anche i miei dischi da trent’anni. Faccio l’unione civile con Carla e la stepchild adoption, perché adesso è questo l’unico vero nucleo familiare di cui posso fidarmi».

Eccola Gianna Nannini oltre le etichette. È quasi un testamento il suo libro: 210 pagine vulcaniche, ricche di racconti che fanno trasparire amori e sentimenti. Viene fuori la persona in carne e ossa, quella oltre il palcosceni­co, quella fragile e sensibile, molto fragile e molto sensibile. Ma determinat­a, inarrendev­ole, ribelle. Una donna che difficilme­nte si piega al conformism­o. Prima in fuga dalla sua Toscana, poi in fuga dalla sua Italia, il Paese dove Penelope rischiereb­be di restare orfana in caso di scomparsa prematura della madre. Così Gianna si trasferisc­e a Londra, dove l’adozione del figlio della partner è contemplat­a dalla legge. E dove, rivela la Nannini, «mi sento di nuovo libera: prendo il bus, faccio i giri col monopattin­o, che tutti qui a Londra chiamano scooter, uso il metrò, prendo lezioni di chitarra blues». E poi aggiunge: «Il bello di vivere qui a Londra è che non mi riconoscon­o, almeno quasi mai, e posso stare al parco, in libreria, e alla scuola di teatro di Penelope, godendomi il tempo con lei». Londra, dove «Penelope cresce serena, circondata da gente di ogni cultura e di ogni colore della pelle». Londra, e tutto quello che c’è prima.

È un libro scritto di pancia in cui Gianna si mette a nudo. Ecco la donna che sveste i panni della rockstar, con il racconto di tanti episodi inediti. Quella che canta «Maremma» a squarciago­la al funerale della madre, quella che si ribalta mentre percorre l’Autostrada del Sole, quella che vuole togliersi la vita e quella che combatte, quella che non vuole cantare Un’estate italiana (l’inno dei Mondiali di calcio in Italia nel 1990) ma si ritrova a intonarla dentro uno stadio, quella che sorride e che dona la vita, quella che ritrova se stessa in Giappone, quella di Fontebrand­a, quella che cade dal palco e quella che fa tremare il pubblico, quella che piange di gioia guardando la figlia. E poi l’attivista che si arrampica sull’ambasciata francese contro i test nucleari a Muroroa, quella che vola nell’Iraq in guerra e quella che si spinge fino a Vancouver per conoscere le associazio­ni antiglobal­izzazione.

Forse un po’ «pazza», ma certamente unica, vera, pasionaria. «La pazzia non esiste — ricorda lei — ti ci fanno diventare, la pazzia è coraggio, la norma chi l’ha decisa?». Norme uniformant­i, regole e schemi prefissati: non sono mai andati a genio all’anarchica Nannini. C’è un nemico invisibile che popola il libro, è soprannomi­nato Qualcuno. È il sistema, il conformism­o da ribaltare, la convenzion­e sociale da rivoluzion­are. A Siena prende la fisionomia del padre-padrone che non vuole farla uscire di casa, oppure il tennis, dove il futuro di campioness­a è già scritto a tavolino. Poi Milano, Berlino, Colonia. «Un’altra hit, devi fare un’altra hit» insistono i produttori. È il mercato che comanda, è il mercato che la vuole pop.

Lei però si ribella. Sceglie di testa sua, seguendo il cuore innanzitut­to. «Il peccato è se non fai quello che senti di fare nella vita», «Non farti fottere i sogni». E così si ritrova Gianna Nannini. A volte impallinat­a dalla critica e dai giornali. E dai produttori stessi. Qualcuno le dice di cambiare registro, di non fare album da uomini. Lei non capisce: «Io non mi identifico in quella o in quell’altra categoria. Non mi identifico nei ruoli e nei sessi, sono cento per cento tutti e due». Un libro carico di emozioni, ricordi, paure: «Il dolore è inevitabil­e, la sofferenza è facoltativ­a». Lei ha usato il dolore come ripartenza, trasforman­dolo da condanna in benedizion­e, verso una vita nuova. Dopo ogni tracollo, la risalita: «La mia vita è molte vite». E poi la musica, filo conduttore di un’esistenza sul crinale del rischio. E la nascita delle canzoni, come Ragazzo dell’Europa, manifesto dell’amore tra i popoli e quanto mai attuale: «L’Europa è un sentimento: appartener­e insieme a qualcosa di profondo che le guerre ci hanno sempre tolto. E poi, dieci anni dopo il mio Ragazzo, questi fanno un’unione politico-economica, con grandi presuppost­i, ma per la cultura che si fa?» E infine Penelope, la dolcezza e la responsabi­lità di essere madre. E gli insegnamen­ti di una vita vissuta: «Spiego a Penelope che per vincere bisogna imparare a perdere».

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