L’IDEA DEL NOBILE CHE CAMBIÒ IL MONDO DELLA MODA
Una storia lunga trent’anni. Trent’anni esatti e poi più niente, fino al prossimo 11 gennaio. Il matrimonio tra la Sala Bianca e la moda che sfila, — quella delle passerelle, delle maison e delle modelle (e modelli) — è iniziato nel 1952 e si è concluso nell’82. Con fasi alterne e una data che segna il primo momento di rottura: il 1965 quando Giovan Battista Giorgini lascia la regia del fashion fiorentino. Altri tempi, altro stile. Ma proviamo a ripercorrerli quei tempi e a rievocarlo quello stile. L’idea di Giorgini, (antiquario, nobile, buyer e chi più ne ha più ne metta) di valorizzare la moda italiana e di fare di Firenze il suo centro nobile è addirittura del ‘51. Fu in quell’anno che, convinto che la sua idea fosse vincente e che l’Italia avesse molto da dire al mondo del fashion, decise di organizzare una sfilata che sarebbe passata alla storia, e che, vista la perplessità dei suoi interlocutori si svolse a Villa Torrigiani, nella sua casa. Il successo fu tale che dal ‘52 ebbe in «uso» la Sala Bianca, dove fino all’82, sarebbe passato il Gotha della moda italiana. La carrellata di nomi è impressionante anche se vanno fatte due premesse: la prima è che Giorgini non fece sfilare l’alta moda ma la moda boutique, il prêtà-porter, gli abiti indossabili, insomma, all’inizio prevalentemente femminili, poi pian piano anche maschili (è del’74 la nascita di Pitti Uomo); la seconda è che lui, in generale, non prevedeva sfilate individuali ma collettive, il che causò notevoli mal di pancia a vari stilisti notoriamente prime donne. Malgrado ciò riuscì nel non facile intento di vedere il debutto, nella Sala che ora si apre a Stefano Ricci, di Roberto Capucci, Lancetti e Balestra (1952), Federico Forquet e soprattutto Valentino (1962) — che l’anno scorso a New York ha ricordato quell’evento con una sfilata intitolata «Sala Bianca 945 Collection» — Roberta di Camerino (1963), Mila Schön (1965), Schubert (1968), fino ad Armani nel 1976. Lista non esaustiva ma emblematica questa, della visione di lunga gittata di un uomo di particolare talento che capì come la moda non era solo Parigi — la cosa suscitò non pochi malumori a Roma che voleva intestarsi il primato nel settore — e che il made in Italy aveva la stoffa per sfondare sul mercato e nell’immaginario. Allora le sfilate avevano un calendario ben diverso da quello di oggi: le passerelle fiorentine erano in programma a febbraio e poi tra luglio e agosto per non sovrapporsi a quelle parigine. La Fortezza da Basso non era ancora la sede della fiera e delle transazioni economiche, ma i buyers e le case di moda si incontravano a Palazzo Strozzi e le case dei nobili fiorentini ospitavano balli e cene. Poi con gli anni ‘80, la moda dei sarti avrebbe lasciato spazio a quella dei designer e le sfilate si sarebbero chiamate eventi o performance. E i fasti della Sala Bianca sarebbero rimasti ma solo come fotografie in bianco e nero.