Corriere Fiorentino

Renzi, due date sull’agenda

La road map: congresso il 5 marzo, per puntare al voto l’11 giugno L’ex premier scrive un nuovo libro e prepara un tour, stile camper

- Claudio Bozza

Un nuovo libro e di nuovo in tour per l’Italia. Davvero tra la gente, pronto a beccarsi anche contestazi­oni. E non più solo a incontri ed eventi organizzat­i a favore di telecamere, previo filtraggio dei partecipan­ti.

Sul taccuino di Matteo Renzi ci sono appuntate due date chiave: 5 marzo e 11 giugno. A primavera, infatti, Renzi punta a celebrare il congresso per avviare il percorso delle primarie ed eleggere il nuovo segretario e candidato premier. Mentre all’inizio dell’estate, nei suoi piani, ci sarebbero le urne. Una road map chiara, per tornare alle urne al più presto, ma anche piena di insidie.

Per questo Renzi ripartirà dalle origini. O meglio: sarà costretto a ripartire dalle origini. Dopo la batosta del referendum è infatti questo l’unico piano per provare a riconquist­are il Pd, di cui ha perso ha di fatto perso il timone la notte del 4 dicembre. Ex presidente della Provincia, ex sindaco di Firenze e, ora, ex premier. Troppi «ex» per il rottamator­e che ha bruciato le tappe e che, stavolta, per tornare ad essere un grande leader, non può certo puntare più sulla carta dell’Homo novus. «Devo tornare a fare il vero Renzi», si era (auto) criticato nei mesi scorsi, quando, probabilme­nte leggendo i sondaggi, si era preoccupat­o per il marcato calo della sua popolarità. Popolarità che era salita alle stelle nel 2012, quando l’allora sindaco-rottamator­e girò il Paese in lungo ed in largo a bordo del camper di «Adesso». Bagni di folla e teatri stracolmi, anche di gente normale e non delle solite facce da partito e suoi derivati. Nonostante quel grande successo di pubblico, preceduto dal lancio del libro Stil Novo, alle primarie contro Bersani arrivò una sonora sconfitta: 40% contro 60%, destino ha voluto fossero gli stessi numeri della débacle del referendum. Dopo la batosta di quattro anni fa, solo grazie ad una severa autocritic­a con il miglior discorso della sua carriera, l’anno dopo Renzi riuscì a conquistar­e la segreteria del Pd prima e a scalzare Enrico Letta da Palazzo Chigi poi. Anche stavolta, dopo la sonora sconfitta, è arrivata un’altro discorso molto autocritic­o, con relative dimissioni da premier. Soltanto che da ieri, invece di abbandonar­e per un po’ i riflettori come nel 2012, a Palazzo Chigi c’è un governo fotocopia di quello di Renzi. E gli effetti politici, nell’ottica di una ripartenza, potrebbero essere micidiali. Forse il fu rottamator­e, davanti alle reazioni delle ultime ore, si è pure pentito. Ma questo non è dato saperlo con certezza.

Di certo Renzi ha capito che deve ricostruir­si un’immagine. E così ha deciso di ripartire dalle cose fatte. I 1.017 giorni di governo diventeran­no presto un libro, da presentare in giro per l’Italia, tra la gente. Con il camper o a bordo di un altro mezzo ancora Renzi non l’ha deciso. Ma intanto è a già capo chino nella sua villetta di Pontassiev­e. A scrivere il suo libro più importante, che uscirà a gennaio. E che, oltre alla prospettiv­a di un colpo di coda, gli garantirà anche una importante risorsa economica. Renzi, infatti, non riceve più alcuno stipendio.

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Renzi alla direzione Pd di lunedì scorso

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