COSÌ LA TOSCANA SALVA L’ACQUA DELLA PALESTINA
Caro direttore, nei giorni scorsi a Gerico, biblica città della Palestina a due passi dal Mar Morto, la più antica e la prima città nel 1994 a passare sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese, si è svolta la conferenza annuale della Upwsp, l’associazione nazionale che associa i gestori del servizio idrico palestinese. È stata una conferenza affollata e di grande interesse, con rappresentanti di oltre 250 città, l’argomento centrale è stato l’accesso all’acqua, nelle sue declinazioni: prezzi e tariffe, investimenti, forme di gestione, morosità, depurazione. Da anni la nostra associazione è presente in Palestina con progetti di cooperazione decentrata, piccoli passi che ci hanno condotto alla conferenza dove abbiamo avuto modo di raccontare l’esperienza italiana, ci siamo confrontati con le loro domande e sopratutto le tante aspettative. Anche questo è fare cooperazione internazionale. In particolar modo in un contesto così complesso e difficile. Riuscendo ad instaurare un rapporto tra partner con Upwsp. Per la vita dei palestinesi (in Cisgiordania e a Gaza) il problema dell’acqua è un nodo cruciale; lo è anche per il processo di pace, faticosamente cercato dalle parti più progressiste e ragionevoli dei due stati. Provo a spiegare perchè. Le risorse idriche dei territori palestinesi occupati da Israele sono di fatto gestite dal governo israeliano, teoricamente esisterebbe una commissione congiunta per l’approvazione degli impianti che ovviamente non si riunisce da anni, e così ai palestinesi è proibito prelevare acqua in profondità. I Comuni palestinesi acquistano l’acqua (e non solo) da Israele, con un accordo che monitora quantità e prezzi. La quantità è poca — massimo 80 litri al giorno per abitante contro i 150 previsti dall’Organizzazione mondiale della sanità — mentre la popolazione cresce. L’acqua viene erogata con frequenti interruzioni, ed è uso comune conservare e usare l’acqua piovana. Mentre, a pochi metri Israele garantisce ai suoi insediamenti nella West Bank un quantitativo di circa 200 litri abitante/giorno. La costruzione del muro di separazione tra israeliani e palestinesi ha avuto cura di escludere i palestinesi dalle aree con le falde e con i pozzi, cosa che spiega, anche se in parte, l’irregolarità del percorso del muro. Una situazione poco conosciuta dall’opinione pubblica e la cui risoluzione è uno dei punti caldi del dossier delle trattative, ad oggi ancora congelate. Ma veniamo a noi, il nostro progetto in Palestina punta a ridurre le perdite della rete acquedottistica, elevatissime. Li aiutiamo anche a regolamentare il servizio (il progetto vede la collaborazione dell’Autorità Idrica Toscana) per far pagare l’acqua ad un prezzo ragionevole ed efficiente, cosa anche questa assai complicata in una società con un alto tasso di povertà e disoccupazione. Inoltre, l’attuale tariffa idrica non consente di sostenere gli investimenti, ma di coprire solo parte dei costi di gestione, nuove infrastrutture sono possibili solo grazie a donatori e progetti internazionali. La totale mancanza di un indirizzo di pianificazione complica la situazione, questo è uno dei motivi per cui scarseggiano la rete fognaria e la depurazione, con immaginabili conseguenze ambientali e sanitarie. La Toscana è impegnata con progetti che vedono la partecipazione delle proprie aziende idriche, è importante dare visibilità a queste attività: mettere al corrente i cittadini dei problemi e dei risultati che si ottengono con la cooperazione.