Pucci, scatta il trasferimento Firenze-Milano
I sindacati: chi non si sposta rischia il licenziamento. L’azienda: ma tanti hanno già detto sì
«O il trasferimento a Milano o le dimissioni». Il bivio da cui dovranno passare i lavoratori della Emilio Pucci, la maison del gruppo Lvmh, «è molto grave» perché lascia i lavoratori che non vorranno raggiungere il capoluogo lombardo «senza nessuna tutela, e senza nemmeno gli ammortizzatori sociali». E così ieri i sindacati confederali, che da ottobre seguono la vertenza, hanno chiesto la riapertura delle trattative. La griffe, infatti, ha deciso di lasciare Firenze per dividersi tra Bologna, e Milano. Ai 44 dipendenti fiorentini (età media 35 anni e per il 70% donne) è stato proposto il trasferimento in Lombardia da concretizzarsi tra gennaio e marzo 2017. Ma dopo le trattative individuali «per i lavoratori non disponibili era stato messo in piedi un tavolo di confronto» con una «scadenzaultimatum: c’era tempo fino al 7 dicembre per accettare il trasferimento forzato». Dall’altra parte, per i contrari, «il tavolo stava portando ad un accordo con ammortizzatori sociali e incentivi economici. Ma anche un nuovo lavoro nelle altre aziende del gruppo». Tuttavia, attaccano i sindacati, «ad un’ora dalla scadenza dell’ultimatum, la Emilio Pucci ha ritirato qualsiasi proposta». Per questo, «dopo aver coinvolto la Regione ed il Comune, siamo pronti a portare la vertenza a Roma, fino ad arrivare ai vertici di Parigi». Tra i lavoratori c’è rabbia e delusione per quella che considerano una decisione calata dall’alto e senza appello: «Per il brand ci sono già state alcune ricapitalizzazioni, quindi, per noi il trasferimento è un salto nel buio. E quando abbiamo chiesto perché proprio Milano ci è stato risposto che è una piazza “cool” mentre Firenze ha perso il suo appeal». Dunque, l’unica certezza, in questo momento, è che «nessun ammortizzatore sociale sarà accordato a chi non si presenterà il 4 gennaio. Non solo: probabilmente, lo sfortunato lavoratore si beccherà un provvedimento disciplinare», che poi potrebbe tradursi in un licenziamento per giusta causa. «Alcuni dipendenti — aggiungono i sindacati — sarebbero anche andati via volontariamente ma quando abbiamo prospettato all’azienda l’eventualità di dimissioni volontarie la risposta è stata un no secco perché la mobilità avrebbe minato l’immagine del marchio». Dall’azienda ribadiscono di aver presentato il piano di trasferimento: «Tutti i 44 dipendenti continuano al momento la loro attività e non è prevista alcuna cessazione del rapporto di lavoro — si legge in una nota — La maggioranza dei dipendenti ha già accettato il trasferimento. Per quanto riguarda la parte restante, l’azienda e il Gruppo hanno avviato verifiche per l’eventuale ricollocazione in strutture del Gruppo stesso. Manteniamo aperto il dialogo con lavoratori e sindacati».
Era stato avviato un tavolo per trovare un accordo su incentivi e indennizzi a chi non voleva accettare, ma a un’ora dalla scadenza dei termini hanno ritirato tutte le proposte