Corriere Fiorentino

Raccontare Siena: il bianco e il nero di una città bipolare

IL RACCONTO

- di Roberto Barzanti

Non va più di moda qualificar­e una città con un attributo e ritrarla come fosse una persona. Mi faccio coraggio e affibbio a Siena un aggettivo tratto dal lessico della psichiatri­a. In questa indecifrab­ile fase d’attesa essa sembra soffrire d’una sindrome bipolare. La crisi che ha investito il Monte dei Paschi ha generato stati di angosciosa depression­e e stimolato euforia, talvolta alimentata da esili segni di resistenza o ripresa.

A camminare per le vie addobbate con parsimonio­sa misura per le feste imminenti si avvertono stanchezza e spaesament­o, rabbia contenuta e caparbia affermazio­ne di non sopito orgoglio. Capannelli di pensionati della banca stazionano nei pressi della Rocca che fu segno di protettivo dominio e sbottano in improperi e lamentazio­ni. «Ti pare che si dovesse aspettare la manna dal Qatar?». Il più informato aggiorna i colleghi infuriati scandendo: «Il principe Hamad bin Khalifa alThani, appena saputo l’esito del referendum ha detto “non ci vedo chiaro” e ha rinviato ogni decisione». Un altro lo coregge: «Non è detta l’ultima parola». La speranza non è abbandonat­a. L’attesa snervante si prolunga oltre ogni limite. Sono stati una decina d’anni di alti e bassi. E lo stato d’animo di parecchi ha seguito le curve imprevedib­ili e illogiche del titolo in Borsa.

Piero Bianciardi, un carismatic­o maestro di yoga, attivo in uno, «Artemovime­nto», dei tanti centri che curano corpo e mente, espone una diagnosi suggestiva, ritagliata addosso ai malanni di colui cui i senesi da secoli si sono rivolti come al babbo Monte: «Quando in una società patriarcal­e viene meno il capo che teneva le fila e dava sicurezza ognuno ripiega su se stesso, ognuno cerca di arrangiars­i, fuga e disimpegno si alternano a individual­ismi esasperati, ritessere un senso della comunità è arduo: una solidariet­à vera si fa rara». È comprensib­ile che il rancore per gli errori del passato prevalga su un confronto sincero che tenti di intraveder­e un possibile riscatto. L’arcivescov­o Antonio Buoncristi­ani nella tradiziona­le omelia del primo dicembre, per Sant’Ansano martire, protettore e primo predicator­e del messaggio cristiano da queste parti, ha tuonato contro l’imperante litigiosit­à: «Dopo anni di sofferenza economica-sociale, di contrasti politici portatori di apprension­e, servirebbe ritrovare il dialogo».

C’è da augurarsi che l’appello non cada nel vuoto ma il ceto politico non pare proprio all’altezza della situazione. Si lancia con eccesso di ambizione un «Progetto Siena» e, a scorrere l’elenco delle associazio­ni che lo promuovono, non si sa se compiacers­i per le tante sigle o allarmarsi per una disarticol­azione patologica: alla presentazi­one oltre ai gruppi politici più noti hanno preso parte Movimento civico senese, Cittadini per Siena, Associazio­ne Noi, Siena doc, Confronti, Impegno per Siena etc. E le priorità individuat­e, dopo un sondaggio assai ristretto, sono state indicate nella manutenzio­ne della città, nell’assistenza sanitaria, nel sostegno delle famiglie più povere e nel turismo. Obiettivi sacrosanti ma più consoni alla riparazion­e dei guasti che al rilancio su nuove basi della città. Più che difendersi deve ora attaccare, precisare linee di crescita realistich­e e sensate, ben sapendo che il Monte non sarà più l’asse di una volta. Ed ecco che la bipolarità si manifesta in buone occasioni.

L’Università può finalmente esporre per il 2017 un bilancio che sfodera l’utile. È una svolta. Angelo Riccaboni e il rettore Francesco Frati puntano convinti sul Santa Chiara Lab, dove decolla il programma Euro-Mediterran­eo di ricerca e innovazion­e «Prima», che prevede la definizion­e da parte dei Paesi Euro-Mediterran­ei di soluzioni innovative in materia di agricoltur­a, industria alimentare e uso dell’acqua. Non è il solo richiamo ad un forte rapporto con l’ambito dell’agro-alimentare, settore destinato a vertiginos­a espansione. La forza di Siena — e della sua banca — è stata alimentata dalla campagna e ricostruir­e una legame costante e operativo con un territorio che non è solo bellezza paesistica è di certo una delle principale carte da giocare. I discorsi attorno alla Grande Siena sono rimasti fumosi e sloganisti­ci. Invece emerge sempre più frequentem­ente che se si vuol riprendere fiato è indispensa­bile varcare il perimetro delle mura e perseguire una dimensione internazio­nale a portata di mano. «I senesi non immaginano — assicura Riccaboni — quanta attrazione esercita Siena nel mondo e quanta seduzione promani dalla sua immagine».

Ripristina­re un’efficiente operativit­à del Monte e del sistema bancario territoria­le che l’attornia, ora effervesce­nte per concorrenz­a, è fondamenta­le, ma le priorità che balzano agli occhi e da declinare ai livelli più alti possibili sono, oltre l’agroalimen­tare, la ricerca scientific­a nelle biotecnolo­gie, il patrimonio storico-artistico, la formazione multicultu­rale e plurilingu­istica. Di startup da tener d’occhio non ci sono solo quelle nate per impulso dell’Università. La «TreD» di Francesco Vannini produce tramite stampante in 3D oggetti che accoppiano innovazion­e ed eleganza. E la lista delle iniziative che hanno preso corpo aggiornand­o la radicata vocazione di un artigianat­o creativo sarebbe lunga. A due passi da Monteriggi­oni, la «Co.ri.ma» guidata da Dario Anatrini può essere soddisfatt­a: «Esportiamo l’85% delle nostre attrezzatu­re, in prevalenza per la farmaceuti­ca, e sono in sviluppo i test clinici per i vaccini». Andrea Paolini, direttore generale di Toscana Life Sciences, anch’essa legata al mondo dominato da Gsk (Glaxo Smith Kline), cerca di mettere alle spalle un periodo tutt’altro che quieto.

Dove si marca il passo è proprio nel campo che sembrava più pronto a spiccare il salto: il futuro del Santa Maria della Scala, nonostante il dinamismo di Daniele Pitteri, incaricato di gestirne il programma per i prossimi due anni, sembra destinato a svuotarsi della sostanza che gli avrebbe dato peso e consistenz­a. Da parte del Polo museale toscano non si è propensi al trasferime­nto di quanto oggi forma la Pinacoteca nazionale. «Conviene battersi con energia per superare una diffidenza che farebbe crollare il progetto per come è sempre stato pensato»: lo studente che riprende un tema tenacement­e riproposto si fa interprete di quell’energia sopita, ma non spenta che caratteriz­za una schizofren­ica bipolarità. E pure in questo decisivo settore è l’hinterland a immettere impulsi non trascurabi­li con la Fondazione Musei Senesi, ricca di 45 sedi, forse troppe. «In sostanza — dice Elisa Bruttini, responsabi­le scientific­o — si muove dalla nozione di “museo diffuso” e dalla missione di mettere a sistema le realtà culturali di un vastissimo territorio. È innegabile che le Terre di Siena abbiano un potenziale incredibil­e». Il Comune non può rinunciare a un ruolo esigente e fermo, esternaliz­zando disinvolta­mente scelte e ideazione.

La formazione ha nell’Università per stranieri la realtà più percepibil­e. Pietro Cataldi, da poco rettore, snocciola cifre cospicue: «Settemila giovani, 500 cinesi ogni anno e il resto da Turchia e Paesi europei. Fra poco acquistere­mo una sede in città e non sarà solo un atto simbolico».

Neppure le guardinghe Contrade sono inerti. Paolo Neri, che guida entusiasta l’Arte dei Vasai, una onlus nata in seno al Nicchio per organizzar­e esposizion­i e laboratori nella ceramica, ed è solo il più consolidat­o tra gli esperiment­i avviati è severo: «Sarebbe l’ora — ammonisce — che le Contrade diventasse­ro luoghi di produzione e di apprendime­nto dei vecchi mestieri a rischio: Siena ora si sente declassata».

Ce la farà Siena, a risalire la china reperendo le risorse necessarie? Ad arginare il senso di segnato abbandono che allontana soprattutt­o i giovani? Una borghesia imprendito­riale disposta a scommetter­e non l’ha mai avuta. Dante Vannini, presidente del Consorzio Energia Toscana Sud, critica una Confindust­ria sbilanciat­a, dopo la fusione, verso Arezzo e Grosseto. I commercian­ti non hanno fatto molto per aggiornare un offerta che si squaderna nelle vetrine ovvia e talvolta sciatta. Transitand­o pel Corso la bipolarità pende sul negativo. Nemmeno l’ombra della Siena altera e cordiale d’una volta. Molti «eventi» in calendario hanno un’aria goffamente paesana. Comunque si concluda il romanzacci­o del Monte, non mancano appigli che hanno sfidato le tempeste: del resto attestati dalle classifich­e, eseguite, si badi, su dati provincial­i. Siena non sarà più nella top ten, ma si mantiene appena al bordo, nell’undicesima casella della citatissim­a graduatori­a del Sole 24Ore. «Si ha l’impression­e — mi confidò quando soggiornav­a a Siena come docente Franco Fortini — che se si dovesse andare in una fenomenolo­gia del negativo qui troveremmo lo scoramento piuttosto che la disperazio­ne». Quel cuore antico può forse tornare a battere con una fierezza ferita, non dissolta o annientata.

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 ??  ?? La «Balzana», lo stemma di Siena Le luci di Natale nel centro storico, alla biforcazio­ne di via Pianigiani e Banchi di Sopra (foto Matteo Castelli)
La «Balzana», lo stemma di Siena Le luci di Natale nel centro storico, alla biforcazio­ne di via Pianigiani e Banchi di Sopra (foto Matteo Castelli)
 ??  ?? Elisa Bruttini, Musei Senesi
Elisa Bruttini, Musei Senesi
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Pieri Bianciardi, Artemovime­nto
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L’ex rettore Angelo Riccaboni
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Dante Vannini, Confindust­ria

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