Corriere Fiorentino

ChiantiBan­ca, ritorno al bivio

Oggi l’assemblea dei 25 mila soci: la strada dell’autonomia è di nuovo in discussion­e

- Silvia Ognibene

Torna in discussion­e il progetto di autonomia di ChiantiBan­ca, i cui vertici sembravano decisi a trasformar­e l’istituto di credito cooperativ­o in una Spa, non aderendo alla holding unica delle Bcc. Ma oggi tra i 25 mila soci, che si riuniranno in assemblea allo stadio di San Casciano, potrebbe prevalere un orientamen­to diverso. Ieri invece i soci della Banca di Cambiano hanno votato per la trasformaz­ione in Spa.

Assemblea dall’esito tutt’altro che scontato quella di ChiantiBan­ca che si riunisce oggi a San Casciano per decidere il futuro dell’istituto: il progetto di autonomia dal credito cooperativ­o con la trasformaz­ione in Spa torna in discussion­e. L’ultima parola spetterà naturalmen­te all’assemblea che potrà anche scegliere la strada dell’indipenden­za, indicata fino qui come la più appropriat­a per crescere e restare vicini al territorio. Il perché della (parziale) retromarci­a verrà spiegato oggi allo stadio di San Casciano di fronte ai 25 mila soci della banca: un’ipotesi è che pur avendo il requisito minimo patrimonia­le (200 milioni) previsto dal decreto con cui lo scorso anno il Governo ha inteso riformare il credito cooperativ­o, ChiantiBan­ca avesse comunque bisogno di irrobustir­e le sue basi per affrontare un percorso ambizioso. Durante l’estate i vertici dell’istituto hanno condotto un «road show» per trovare partner disposti a rafforzare il capitale, i cui esiti non sono noti. Possibile dunque che non sia stato ritenuto sufficient­e il rispetto formale dei requisiti previsti dalle norme attuative disposte da BankItalia, che in questi giorni sta conducendo un’ispezione a Chiantiban­ca. Se anche ChiantiBan­ca deciderà di restare nel credito cooperativ­o, è però da escludere che possa riavvicina­rsi a Federcasse e quindi aderire alla holding unica nazionale prevista dal decreto. Più probabile che scelga di entrare nel polo «alternativ­o» capeggiato dalle Bcc trentine, con le quali tra l’altro condivide il sistema operativo. Il gruppo unico nazionale sembra sempre di più difficile realizzazi­one: le Bcc del Nord-Est tirano dritte per creare un polo autonomo, tenendosi a distanza dall’orbita di Iccrea-Federcasse. Va aggiunto il nascituro gruppo delle Reiffesen di Bolzano che puntano a dare vita ad un terzo nucleo. Per le holding nazionali, la legge fissa un requisito minimo patrimonia­le di un miliardo: Federcasse conta su 1,7 miliardi, i «trentini» puntano a raccoglier­e 1,3-1,4 miliardi reperendo parte delle risorse attraverso le Bcc aderenti, che dovrebbero essere circa un centinaio. Potrebbe esserci anche ChiantiBan­ca.

Ad oggi, l’unica certezza è che ieri Cambiano ha ricevuto dai 1.300 soci il via libera per l’addio al mondo del credito cooperativ­o: dal primo gennaio sarà operativa la Banca Cambiano 1884 Spa, controllat­a dalla coop per oltre il 90%. Una scelta, ha detto il suo presidente Paolo Regini, fatta per non «intruppars­i nel nuovo gruppo nazionale egemonizza­to dalla Federcasse». Cosa deciderann­o di fare i chiantigia­ni si scoprirà solo al termine di un’assemblea che si annuncia come un thriller. Così come alta è l’attesa per i contenuti del nuovo decreto che il Governo dovrebbe varare a breve: le misure che verranno prese dal consiglio dei Ministri del 22 o del 23 dicembre, infatti, non riguardera­nno solo il Monte, sorvegliat­o speciale, ma conterrann­o novità anche per il credito cooperativ­o.

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Lorenzo Bini Smaghi, presidente di ChiantiBan­ca
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Bini Smaghi, presidente di ChiantiBan­ca. In alto la sede
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