IDEE CERCANSI (MA NUOVE PERÒ)
Chissà se il sondaggio online su meriti ed errori del governo, deciso da Renzi negli ultimi giorni, avrà avuto qualche peso nella scelta delle parole che l’ex premier userà oggi all’assemblea del Pd. Le carenze sono emerse con chiarezza, anche se non sono certo sorprendenti. A Renzi si rimproverano errori sulla scuola, sull’occupazione, sul Mezzogiorno. Così come l’avere accettato di andare a Palazzo Chigi senza passare dalle elezioni e, dunque, rinunciando ad avere una maggioranza davvero sua, omogenea e compatta. Forse è invece rimasto sotto traccia un limite decisivo, che all’inizio sembrava una virtù: la fretta. Quella fretta che, unita all’inesperienza e talora anche alle lacune della sua squadra, ha mandato in porto provvedimenti che rispondevano a richieste pressanti del Paese, ma con risultati spesso poi giudicati deludenti. Il resto lo ha fatto personalmente Renzi, scambiando gli oppositori per gufi e spargendo ottimismo quando c’era solo da chiedere fiducia nella capacità di far uscire l’Italia dalla crisi. Offuscando in qualche modo l’importanza di tante riforme e del rilancio dell’immagine dell’Italia all’estero. Il prezzo pagato è stato alto, ma non solo dall’ex rottamatore, perché in pochi giorni si è tornati al clima di molti anni fa: incertezza diffusa, molti timori di instabilità politica e peggioramento della situazione economica e sul futuro delle banche. Mentre le traversie del sindaco Sala a Milano e della giunta Raggi a Roma hanno riproposto drammaticamente il cortocircuito dei rapporti tra giustizia e politica, che Renzi aveva tentato di interrompere negando il legame diretto tra un avviso di garanzia a un amministratore e le sue dimissioni. Oggi capiremo se, nel ritiro di Pontassieve, Renzi abbia cominciato a mettere a fuoco una strategia per riproporsi agli italiani come leader di vero rinnovamento o se sia mosso solo dall’ansia di rivincita. Ma ci saranno tanti altri toscani a questo primo atto del Pd dopo il referendum. A cominciare da Rossi che insiste sulla sua candidatura alla leadership sull’onda di un recupero dei valori del socialismo. È una posizione coerente con la sua storia, ma che toglierebbe al partito ogni contatto con le nuove generazioni e con quella fetta d’Italia che vuole guardare avanti, non a un passato peraltro pieno di ombre. Al Pd servono idee, non nuove fratture pregiudiziali. E un contributo dovrebbe darlo proprio il Pd toscano, il più forte elettoralmente. Con occhio lungo e un po’ di coraggio, non certo però per riproporre un tessuto di potere che ancora paga quando c’è da votare, ma che sempre più rivela lacerazioni improvvise. Da Arezzo a Grosseto, passando per Cascina. Tanto per limitarsi agli ultimi strappi.