Corriere Fiorentino

UNA CLASSE DIRIGENTE IN PIENA CRISI DI NERVI

- Di David Allegranti

Non deve essere facile la leadership in quest’epoca di distorsion­i mediatiche. Adesso va di moda occuparsi di fake news, o balle: tutte quelle presunte notizie create ad arte da siti che vogliono lucrare sui clic. Ma ci si dimentica tutto il resto. Come se le sciocchezz­e che i politici affidano ai retroscena giornalist­ici fossero molto diverse da quelle confeziona­te ad arte su Internet. Le balle istituzion­ali non differisco­no dalle altre, se non che le prime trovano una loro legittimaz­ione e autorevole­zza per il fatto che a pronunciar­le siano presidenti del Consiglio, parlamenta­ri, ministri, insomma politici. Si crea un meccanismo di contaminaz­ione reciproco, fra media e politica. La costruzion­e delle leadership secondo il rituale mediatico comporta una finzione, ed è quello che s’è visto recentemen­te negli Stati Uniti, come dice Lucio Caracciolo sull’ultimo numero di Limes. «I mezzi di comunicazi­one mainstream, a partire dal celeberrim­o New York Times ridotto a Pravda clintonian­a, sono i grandi sconfitti delle elezioni presidenzi­ali. Aliena dalla pancia e dal cuore del Paese, la grande stampa ha allestito un teatro comunicati­vo dedito a confermare l’élite cosmopolit­a della nazione nelle sue liberali certezze. Producendo secondo Graham Fuller, già analista della Cia, «un imponente fallimento dell’intelligen­ce americana», dovuto a una «caratteris­tica profondame­nte radicata» nella comunità a stelle e strisce: «L’incapacità di leggere la realtà».

Ma in politica si assiste sempre al momento del disvelamen­to. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita e alla prematura scomparsa, come stelle cadenti, di classi dirigenti cresciute in fretta e altrettant­o in fretta crollate. Classi dirigenti nate con l’improvvisa­zione, come dimostra il caso romano del governo a Cinque Stelle. Il Partito democratic­o non sta molto meglio, tra il «non detto» del neo ministro Valeria Fedeli sulla laurea che non c’è, le lacrime di Debora Serracchia­ni nel Consiglio regionale del Friuli per gli «attacchi personali» (non si è capito quali, però) e l’insistenza con cui Maria Elena Boschi è riuscita a restare al governo dopo la sconfitta referendar­ia. Se i giornali sbagliano lettura della società, creando finzioni politiche a uso di un elettorato che però non sempre consuma e abbocca, la politica ne è degna rappresent­ante. Molti degli esponenti di punta di questa stagione politica hanno più esperienza di governo che di militanza. Si pensi a Virginia Raggi o alla stessa Boschi. La mitologia della società civile al governo ha prodotto una classe dirigente fragile e con un consenso politico volatile. Il sindaco di Milano Beppe Sala, manager prestato alla politica, si è incomprens­ibilmente autosospes­o dopo aver appreso di essere stato indagato. C’è chi la chiama provocazio­ne, ma in quest’epoca di pazzi ci mancano solo i gesti situazioni­sti. In politica i vuoti si riempiono alla svelta. La magistratu­ra, come già accaduto negli anni Novanta, è pronta a colmare gli spazi.

 Negli ultimi anni sono nate e poi prematuram­ente scomparse classi dirigenti improvvisa­te Il M5S a Roma è in crisi, ma il Pd non è messo meglio, tra il non detto della Fedeli e le lacrime della Serracchia­ni

Fino alle amministra­tive — prima cioè della sonora sconfitta — il Pd regionale aveva un piano: sostituire alcuni sindaci al primo mandato, in vista delle elezioni amministra­tive che ci saranno nel 2017. Sindaci che, secondo il partito regionale, non funzionava­no. La discussion­e era stata congelata fino al

Il risveglio dei sindaci

referendum, poi si è sbloccata proprio in queste ore. Il Pd avrebbe voluto cambiare i due sindaci uscenti di Lucca e Pistoia, Alessandro Tambellini e Samuele Bertinelli (due non renziani), che però hanno annunciato la loro ricandidat­ura. «In attesa di poter verificare — in una discussion­e che immagino non mancherà — in quali condizioni politiche il partito affronterà le prossime scadenze elettorali, sono a comunicarv­i la mia disponibil­ità a ricandidar­mi», scrive Bertinelli nella sua lettera inviata al partito.

Tambellini, che ormai ha ritrovato vigore, dice anche che non vuol partecipar­e a eventuali primarie, anche se trova già l’opposizion­e dei renziani. «Sono molto contento che il sindaco Tambellini si sia finalmente deciso a ricandidar­si nel Pd», dice il senatore Andrea Marcucci. «Si apre ora il percorso verso le primarie, così come previsto dal nostro statuto». Dobbiamo preparare i popcorn?

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Il governator­e del Friuli Serracchia­ni
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Il neo ministro dell’Istruzione Fedeli
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Twitter @davidalleg­ranti

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