LA NUOVA SCUOLA, I PREGI E I DIFETTI
L’analisi di Gaspare Polizzi sul Corriere Fiorentino di mercoledì scorso fotografa perfettamente l’esito della politica scolastica attuata dal governo Renzi, che pur imprimendo per certi aspetti una svolta alla scuola italiana non ha dato tuttavia i frutti che il governo si attendeva, anche in termini di consenso.
Ci sono state 80 mila immissioni in ruolo, si è investito sull’alternanza scuola-lavoro, sono state investire notevoli somme per l’aggiornamento dei docenti. Eppure qualsiasi misura ha trovato la netta ostilità, quasi «a prescindere» verrebbe da dire, da parte del mondo scolastico, in primis dei sindacati, che peraltro non hanno poche responsabilità per la condizione disastrosa della nostra scuola.
Ciò non annulla le responsabilità dell’ex premier Matteo ci Renzi e in primis dell’ex ministro Stefania Giannini. Di fronte a un’immissione in ruolo così massiccia di docenti, molti dirigenti, tra cui chi scrive, avevano segnalato il rischio del caos, come è poi puntualmente avvenuto.
Come Gruppo di Firenze abbiamo più volte sottolineato le controindicazioni della scelta di premiare i docenti «migliori», che avrebbe finito col demotivare altri docenti pur bravi, ma poco interessati ad occuparsi di progetti e di organizzazione della scuola, due dei criteri frequentemente utilizzati per assegnare i «bonus». A riprova, pochi giorni fa, dopo un collegio dei docenti in un istituto comprensivo che dirigo come reggente e in cui si era parlato del bonus per il merito, sono stato avvicinato in presidenza da una docente che si è lasciata andare a un pianto dirotto, perché a pochi anni dalla pensione non accettava di non comparire nell’elenco dei «premiati», dopo aver sempre fatto il suo lavoro con passione e, aggiungo io, grande capacità. Molto più produttivo sarebbe invece poter più facilmente sanzionare il demerito, affinché gli insegnanti che fanno il proprio dovere non si vedano trattati come quelli inadeguati. Ma da quest’orecchio il ceto politico non ci sente.
L’alternativa alla scelta «premiale» sarebbe quella di costruire una vera e propria carriera per i docenti, in base a concorsi e analisi dei curriculum per assegnare ruoli di responsabilità all’interno della scuola e anche al di fuori, con distacchi presso enti di ricerca, o negli uffici periferici dell’amministrazione scolastica o all’università. Distacchi sui quali è particolarmente urgente esigere trasparenza riguardo ai criteri con cui si viene scelti e anche stabilire dei limiti di durata per il distacco, evitando di premiare l’appartenenza politica o sindacale invece del merito.
Se la fretta nel voler trasformare il mondo della scuola è stato forse il maggior errore del governo Renzi, il suo maggior merito è stata l’introduzione dell’alternanza scuolalavoro, l’innovazione senz’altro più dirompente degli ultimi decenni, andata a regime in tutte le scuole in virtù di un lavoro paziente, certosino e perfino umile da parte di coloro che al ministero se ne sono per anni occupati.
Non c’è zona del Paese che non sia stata battuta a tappeto per confronti, dibattiti a volte accesi anche rispetto alle responsabilità di parte del mondo imprenditoriale. E c’è da confidare che questa importante novità possa davvero contribuire a cambiare la mentalità di molti giovani che, come diceva anni fa Umberto Eco, dovranno pur decidersi ad ammettere che esiste anche il lavoro manuale.
Il bonus ai più meritevoli è sbagliato Sarebbe stato più efficace sanzionare il demerito