Corriere Fiorentino

«Il Pd socialista di Rossi? Idee da anni Settanta»

Il segretario del partito toscano: ricetta politica vecchia, ma il programma in Regione è condiviso

- di Marzio Fatucchi marzio.fatucchi@rcs.it

«Un Pd socialista è roba da anni ‘70». È la frecciata che il segretario del Pd toscano Dario Parrini lancia al governator­e Rossi, candidato per la guida del Pd nazionale. Parrini assicura però che per la Toscana c’è un programma condiviso.

Il futuro del Pd, nazionale e toscano. Con un partito qui fortemente a trazione renziana ma un governator­e, Enrico Rossi, che si candiderà contro Matteo Renzi al congresso. Fibrillazi­oni continue, fin subito dopo la sconfitta al referendum che però ha visto il Sì prevalere in Toscana, con solo le province sulla costa orientate verso il No. Cioè le stesse province dove il Pd e il centrosini­stra hanno perso la guida del capoluogo (Grosseto e Livorno) e una, Massa-Carrara, dove i dem temono per le prossime amministra­tive. Dario Parrini, segretario Pd toscano, però è convinto che «manterremo separati il livello di governo toscano, con un programma da attuare, e il dibattito nazionale».

Niente congresso nazionale al momento, come chiedeva Rossi che oggi ha ribadito: la nostra gente ha bisogno di discutere, non solo della sconfitta al referendum ma di quelle alle amministra­tive.

«Renzi, lo ha ricordato anche nel suo intervento di ieri, era per il congresso subito. Anche io. Rinunciarc­i è stato un gesto distensivo, visto che i bersaniani avevano annunciato ricorsi e guerriglie regolament­ari. Per quanto riguarda la posizione di Rossi in merito, è cambiata tre o quattro volte in pochi giorni, quindi è impossibil­e per me commentarl­a. Il 5 dicembre ha detto una cosa, a seguito di un intervento di Barca un’altra ancora, a sua volta diversa da quella di ieri. Elettori e militanti del Pd possono discutere anche senza un congresso. La proposta di una campagna d’ascolto nei circoli ha questa finalità».

Come è possibile conciliare visioni così distanti? Sui voucher, per esempio, c’è un abisso...

«In tutti i partiti europei di centrosini­stra esistono posizioni riformiste e massimalis­te. Io penso che inseguire le idee di Corbyn significhe­rebbe portare il Pd al 15%, trasforman­dolo in una specie di “Pds senza la s”. La priorità oggi è costruire un nuovo riformismo capace di coniugare in modo innovativo ed efficace spinta agli investimen­ti e lotta alle disuguagli­anze».

Vi dividerete anche sui referendum della Cgil?

«Il pluralismo non è un problema. È normale e giusto che in un partito con oltre 10 milioni di voti ci sia dibattito. Ma deve esserci anche responsabi­lità: quando sapremo se i referendum saranno ammissibil­i e quando si terranno, ne discuterem­o nei nostri organismi e prenderemo una posizione che auspico tutti vorranno ritenere vincolante. La nostra comunità politica, può continuare a esistere solo se tutti osservano alcune regole minime di convivenza».

Rimpianti per la conferma di Rossi alla guida della Toscana ora che lui sfida Renzi?

«No. Nel 2015 abbiamo fatto un buon programma e una bella campagna elettorale, abbiamo ottenuto il miglior risultato a livello nazionale: continuo ad andarne fiero. Si tratta di restare fedeli a quel programma».

Il continuo richiamo di Rossi al socialismo che valore

ha per la maggioranz­a del Pd? Non potrebbe essere un modo per colmare il deficit di attenzione sociale ai più deboli?

«Noi dobbiamo potenziare la nostra azione sul versante delle politiche sociali. Ma facendo attenzione ad avanzare proposte praticabil­i, al passo coi tempi, attuabili qui e ora. In certi manifesti “social-rivoluzion­ari” mi pare ci sia aria di anni Settanta del ’900, non di XXI secolo».

La ripartenza di Renzi non sarebbe stata più credibile senza “giglio magico” nel governo?

«Il dato saliente della ripartenza di Renzi è che un minuto dopo aver perso si è dimesso, una coerenza politica con pochi precedenti nella storia della Repubblica. Ieri ha fatto un discorso con aperture e autocritic­he importanti, assumendos­i in prima persona e fino in fondo la responsabi­lità per l’esito del referendum. Le cose che contano sono queste».

Mattarellu­m ultima spiaggia prima del proporzion­ale? Senza Forza Italia però...

«Dobbiamo andare a votare prima possibile perché il referendum ha evidenziat­o una frattura non trascurabi­le tra Paese reale e Parlamento. Io dico no alla palude proporzion­ale. Per questo ben venga un tentativo serio sul Mattarellu­m. Personalme­nte, ho firmato mercoledì scorso una proposta di legge in tal senso. Ieri abbiamo lanciato la nostra proposta alle altre forze politiche. Vedremo le loro reazioni: per riproporre il Mattarellu­m occorre pochissimo tempo. Se invece si vuol discutere di legge elettorale al solo scopo di perdere tempo, il Pd non si farà trascinare in un gioco di melina».

Ma resta un nodo: senza congressi, quando e come verrà fatto un vero confronto tra le anime di un partito dilaniato dopo la rottura sul referendum?

«La discussion­e che faremo nei circoli a gennaio non sarà sui nomi ma riguarderà la nostra linea, il nostro profilo culturale, le nostre proposte di governo, il nostro radicament­o sociale e il nostro modo di organizzar­ci e stare insieme».

In tutti i partiti europei di centrosini­stra esistono posizioni riformiste e massimalis­te Io penso che inseguire le idee di Corbyn significhe­rebbe portare il Pd al quindici per cento Renzi si è dimesso un minuto dopo aver perso il referendum dimostrand­o una coerenza politica con pochi precedenti All’assemblea ha fatto un discorso pieno di aperture e autocritic­he importanti

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Matteo Renzi a Pontassiev­e e sopra il segretario regionale del Pd Dario Parrini

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