Corriere Fiorentino

La pm cita suo figlio al processo per il Ccf Lui sbotta: vergogna

Al processo per il Credito cooperativ­o il senatore sbotta: «Vergogna». Poi lascia l’aula

- di Antonella Mollica

Ha seguito attentamen­te la requisitor­ia seduto accanto al suo avvocato, prendendo appunti su tutti i passaggi più importanti, quelli ai quali avrebbe voluto replicare seduta stante. Poi, alla quarta ora di ascolto, ha perso la pazienza. Quando la pm Giuseppina Mione ha ricordato di quella volta che il figlio chiese la disponibil­ità di una camera a Forte dei Marmi, nell’albergo dell’imprendito­re Riccardo Fusi, il senatore Denis Verdini si è alzato, ha raccolto le sue carte, ha imprecato tra i denti e a passo spedito si è diretto verso l’uscita.

«È una vergogna, ora basta. I figli no», ha detto furibondo mentre si chiudeva la porta alle spalle, inseguito dagli uomini della scorta e dai giornalist­i.

È uscito così dall’aula 30 Verdini, imputato al processo per il crac del Credito Cooperativ­o, la banca di cui è stato presidente per 20 anni(fino al 2010) mentre il pacato presidente della Corte, Mario Profeta, si è visto costretto a richiamare l’avvocato Ester Molinaro, difensore del senatore, per spiegare con toni garbati che «così non si fa», ribadendo poi alla fine dell’udienza che «mi riesce difficile rimanere così compassato, non voglio più assistere a scatti di ira e gesti plateali» e assicurand­o comunque che «la cosa si chiude qui».

Dopo diversi rinvii, dovuti anche alla crisi di governo, il maxi processo che conta 43 imputati, con accuse che vanno dall’associazio­ne per delinquere alla bancarotta, dalla truffa ai danni dello Stato alle false fatture, si avvia alle battute finali. Ieri è cominciata la requisitor­ia della pm Giuseppina Mione poi sarà il turno del procurator­e aggiunto Luca Turco.

L’udienza di ieri è servita alla pm per ricostruir­e il sistema di funzioname­nto della banca in rapporto agli imprendito­ri Fusi e Roberto Bartolomei, anche lui imputato, «legati a doppio filo con Verdini». La loro, sottolinea la pm, «non era solo amicizia. Insieme condividev­ano gli interessi economici anche se non siamo riusciti a ricostruir­e quale fosse la sostanza degli affari. Le conversazi­oni provano che Verdini è stato molto più che un amico. Ha speso il suo potere per procacciar­e gli affari a Fusi, come ha dimostrato la vicenda della scuola maresciall­i».

Il gruppo Fusi — ricorda la pm — aveva da solo un’esposizion­e superiore al patrimonio della banca «ma grazie ai contratti preliminar­i di vendita farlocchi venivano concessi affidament­i alle società del gruppo. Un sistema che gli imprendito­ri hanno manovrato con spregiudic­atezza e che ha consentito loro di galleggiar­e, fino a quando il gioco non è sfuggito di mano, facendoli sprofondar­e». Lo scopo di questi contratti, ritiene la procura, era alimentare le società del gruppo Fusi-Bartolomei che «venivano manovrate come marionette», in modo da far girare i soldi e dimostrare «una apparente operativit­à, in una sorta di gioco delle tre carte». «Sfido chiunque di voi ad andare in banca e farsi dare soldi su un foglio senza data né firma», ha poi concluso la pm.

«È inascoltab­ile questa ricostruzi­one — è stata la replica di Verdini — Quei fidi rientraron­o tutti. La pm omette di dire che si trattava di persone fisiche, con redditi e patrimoni, che rilasciava­no fidejussio­ni e polizze assicurati­ve. Quel circolo vizioso descritto dai pm è riferito anche a Bnl che però non è in questo processo».

La requisitor­ia riprenderà giovedì alle 10 per poi proseguire a gennaio.

Tensione Il richiamo all’ordine del presidente della Corte: «Mai più questi scatti d’ira»

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Denis Verdini fuori dal Palagiusti­zia in occasione di un’udienza passata

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