Ipotesi 1 Il Monte riesce a chiudere l’aumento di capitale entro il 31 dicembre
L’operazione va in porto: trovato l’accordo con Atlante, Mps riesce a deconsolidare le sofferenze dal bilancio, va a buon fine la conversione delle obbligazioni subordinate in mano ai risparmiatori, si trova il cosiddetto anchor investor per l’aumento di capitale e il resto si raccoglie sul mercato. La banca ha già in cassa un miliardo che deriva dalla conversione dei bond subordinati in mano agli investitori istituzionali che hanno aderito alla precedente «chiamata». La realizzazione di questo scenario è in mano ai circa 40 mila piccoli risparmiatori che possiedono oltre due miliardi di obbligazioni subordinate (si tratta di quelle emesse nel 2008 per finanziare l’acquisto di Antonveneta): se decideranno di convertire per una somma di almeno 1,5 miliardi, avranno messo il più importante tassello per salvare la banca. Resteranno da trovare altri 2,5 miliardi: uno dovrebbe arrivare dall’investitore-ancora e circa 200 milioni dal Tesoro che non può aderire all’aumento oltre la propria quota parte (il 4% del capitale attuale). I restanti 1,3 miliardi sono da raccogliere attraverso l’aumento di capitale, riservato per il 65% a investitori istituzionali e per il 35% ai risparmiatori, ancora una volta. Se ogni tassello di questo complicato schema va al proprio posto la banca si salva e a rimetterci sono gli azionisti che vedrebbero di fatto azzerato il valore del loro investimento di partenza (è più facile che le nuove azioni siano emesse a un prezzo vicino al minimo di un euro che non a quello massimo di 24,9 euro). I piccoli azionisti del Monte sono oltre 150 mila. Anche i possessori di obbligazioni subordinate che hanno deciso di convertirle in azioni seguirebbero la stessa sorte.