Siena anno zero, la Fondazione vende
Lo Stato salva il Monte, potrebbe salire fino al 62%. Palazzo Sansedoni allo 0,1% Il sindaco Valentini: un nuovo inizio. Ma la trattativa con l’Europa è in salita
SIENA Nel giorno in cui lo Stato prende le redini del Monte, dopo il fallimento dell’aumento di capitale, a Siena risparmiatori, correntisti e dipendenti della banca scansano accuratamente i giornalisti. Nell’incertezza che segue l’annuncio del decreto «Salvarisparmio», l’unica che parla è la Fondazione Monte dei Paschi, per annunciare di aver venduto praticamente per intero la sua partecipazione in quella che una volta era la «sua» banca. Nei turbolenti giorni scorsi l’ente guidato da Marcello Clarich ha portato la propria partecipazione nella banca dallo 0,7% allo 0,1%: quattro anni fa aveva il 53%. La Fondazione ha espresso «rammarico per la mancata realizzazione dell’operazione di rafforzamento» e ha spiegato di aver venduto praticamente tutte le azioni Mps a causa «dell’incertezza dell’evolversi degli eventi» per «limitare quasi del tutto i rischi patrimoniali dell’Ente a causa del verificarsi di scenari particolarmente avversi per gli azionisti». Di fronte al rischio di perdere tutto, meglio provare a conservare un po’ di cassa. Quel che rimaneva di un cordone ombelicale già sottilissimo, ieri è stato definitivamente reciso. Ma non è detto che si possa in futuro ricostruire: sull’ipotesi di reinvestire in azioni del Monte, Clarich ha detto «vedremo quando sarà il momento e se ci sarà. Ora non possiamo certo saperlo, dovremmo almeno conoscere le condizioni».
È il primo effetto concreto del fallimento dell’operazione di mercato e dell’ingresso del Tesoro che, secondo le stime degli analisti di Equita Sim, guidata dall’ex presidente del Monte Alessandro Profumo, potrebbe arrivare al 62% del capitale. Le modalità della partecipazione pubblica sono ancora tutte da stabilire, così come quelle per il ristoro dei risparmiatori, azionisti e possessori di obbligazioni subordinate che per il momento sono appesi alle parole pronunciate mercoledì notte dal ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan: tutti saranno risarciti. In che modo lo si capirà dai dettagli del decreto.
Ogni passaggio dovrà essere concordato con le autorità europee e ieri la dichiarazione del portavoce del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha aperto le danze: «Prima che il Monte dei Paschi riceva un aiuto di Stato ci deve essere un bail-in. Le regole sono queste». Tradotto significa che vanno azzerati azionisti, possessori di obbligazioni subordinate e poi, se ancora necessario, possessori di obbligazioni ordinarie e grandi depositanti: come è successo per l’Etruria. La trattativa con l’Europa si annuncia in salita.
Ma a Siena in molti ora respirano, a partire dal sindaco Bruno Valentini: «Tiriamo un sospiro di sollievo perché l’intervento dello Stato mette un punto fermo anche per la tutela dei risparmiatori: inizia una nuova storia, è un anno zero. Occorre adesso un nuovo piano industriale e probabilmente anche nuovi manager che dovrebbero essere pagati di meno. Fra lo Stato del Qatar e lo Stato italiano, preferisco lo Stato italiano, anche se ha delle responsabilità perché non ha controllato, non ha vigilato sull’acquisto di Antonveneta».
Ribadisce ancora che bisognava intervenire prima il presidente della Regione Enrico Rossi: «La politica avrebbe potuto fare tanto bene se, quando c’era Mario Monti al governo, si fosse fatto come in Francia, Germania, e Portogallo. Ovvero si fosse preso atto che esisteva un problema di risanamento bancario e che questo avrebbe avuto anche un effetto sulla crescita economica». «Io non sono per tenere le banche nelle mani dello Stato — ha aggiunto il governatore — io sono perché lo Stato faccia un piano di risanamento, si comporti da imprenditore e poi le rimetta sul mercato e ci guadagni. Negli Stati Uniti questa operazione è stata fatta. A me hanno dato del comunista. Adesso sono tutti comunisti». Ma la frase di Rossi che ha innescato il botta e risposta con il capogruppo del Pd in Consiglio regionale Leonardo Marras è stata quella su Matteo Renzi che su Mps avrebbe avuto «poco coraggio»: il dibattito verso il congresso del Pd prosegue anche all’ombra di Rocca Salimbeni, una calamita per la politica.
Ieri da Milano l’amministratore delegato Marco Morelli ha mandato un videomessaggio ai dipendenti, dicendo che continuerà a lavorare per la banca con impegno ancora maggiore. Intanto, a Siena, i sindacati chiudevano con l’azienda l’accordo per i primi 600 esuberi entro aprile sul totale dei 2.900 previsti dal piano industriale.
Luigi Zingales, economista, è professore di finanza alla Booth School of Business dell’università di Chicago, oltre che editorialista del Sole 24Ore.
Subito dopo il decreto per gli aiuti di Stato a Mps, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha fatto sapere che prima del salvataggio pubblico varato ieri dal Governo, deve scattare il meccanismo del «bail-in» per la banca. Una misura molto più pesante per azionisti e risparmiatori.
«Quando una banca è solvente secondo gli ultimi criteri decisi dalla Banca Centrale Europea, e il Monte si trova in questa situazione, lo Stato può intervenire imponendo la conversione dei subordinati solo in caso di crisi sistemica. Non ci sono dubbi che l’Italia sia in tale crisi. Non credo l’Europa voglia discutere su questo aspetto. Io credo che sia un gioco delle parti di fronte ad una “prima volta” nell’applicazione della nuova direttiva sulle banche: la Bce e l’Eurogruppo forse non vogliono essere accusati, un domani, di aver “ceduto su tutta la linea”. Ma stanno scherzando col fuoco: se c’è un motivo per andare alla guerra con l’Europa, questo è uno, non certo per un punto di flessibilità. Anche se l’aver aspettato ad intervenire su Monte dei Paschi non è stata una buona cosa».
Lei da tempo è a favore dell’intervento di Stato...
«Praticamente scrivo lo stesso articolo da un anno!».
Non è stato un errore aspettare così tanto?
«La mia paura è che sia troppo tardi e troppo poco, non tanto per Banca Mps ma per il sistema bancario italiano. Durante questo periodo la crescita è mancata: negli ultimi sei mesi a Mps avevano altre preoccupazioni