Corriere Fiorentino

«Ho paura che sia tardi, ma ora un conto lo aprirei»

L’INTERVISTA LUIGI ZINGALES

- Marzio Fatucchi @marziofatu­cchi

e così, non solo a Siena, la condizione è peggiorata. Purtroppo siamo agli inizi di una situazione che rasenta il panico, come dimostra la perdita dei depositi vista a Mps. Esiste il rischio che una gestione non perfetta di questa crisi possa creare incertezze in altre banche. Spero che non succeda, e dobbiamo anche noi della comunicazi­one essere corretti: questo non è un bail in, non sono a rischio depositi e conti correnti. Purtroppo gli italiani si lasciano prendere dal panico facilmente quando si parla di banche. E, ultimo aspetto, la situazione di incertezza porta poi dubbi su tutto. Perché sappiamo che la Bce avrà una revisione del portafogli­o in bonis di Mps, e mi aspetto altri problemi da qui».

Teme che 5 miliardi di aiuti di Stato non siano sufficient­i?

«Non so niente di specifico, ragiono sulla storia e sulle abitudini, in tanti Paesi. Le banche, quando c’è una crisi bancaria, fanno under-provisioni­ng, tendono a mettere meno soldi da parte per i crediti inesigibil­i».

Cioè si post-pongono i pagamenti o si consentono dilazionam­enti?

«Sì, con sistemi come extend and pretend (estendi il credito, ndr) e evergreeni­ng (crediti rinnovati a condizioni vantaggios­e, dando liquidità per pagare interessi precedenti, ndr). Attenzione, in alcuni casi è giusto fare così per evitare il default delle imprese. Queste però sono scelte discrezion­ali: e il rischio che ci siano problemi di questo tipo emerge in tutte le banche a lungo in crisi».

Da quando il Monte è in crisi, da Siena sono passati alcuni tra i manager considerat­i migliori nel settore: perché non sono riusciti a farla uscire dal tunnel?

«Cambiare una cultura radicata è molto difficile, non basta un solo manager. E poi, in un momento di carenza di capitale, anche il banchiere più esperto non vuole far risultare troppe perdite, altrimenti la banca salta. Non so se è il problema di Mps, ma è pratica diffusa, soprattutt­o in Italia, dove non c’è cultura delle regole e dei numeri». E quale è il rischio? «Che dopo questo intervento massiccio, lo Stato debba tornare con altri soldi. E sarebbe devastante, dal punto di vista economico e politico».

Ecco, la politica. Un anno fa l’ex presidente del Consiglio Renzi diceva che il sistema bancario era sano. Forse era un modo per evitare di parlare di banche diventate, dopo il caso Etruria, un tallone di Achille per il governo.

«Un presidente del Consiglio o un governator­e di Bankitalia non possono seminare panico, devono tranquilli­zzare. Certo, dovrebbero tranquilli­zzare con fatti concreti e non con la fantasia. Il vero problema non sono le espression­i (alcuni infelici, come quella di Renzi che disse «ottimo affare comprare Mps», che un presidente del Consiglio non deve proprio usare) ma le scelte fatte, gli atti concreti».

Lei, da sempre liberale e liberista, è per la nazionaliz­zazione. Come il «comunista democratic­o» Enrico Rossi e il M5S. Chi è fuori posto?

«La gente del XXI secolo non è così divisa tra destra e sinistra come un tempo».

In tanti hanno chiesto di sapere chi sono i cento principali debitori del Monte dei Paschi che non hanno reso soldi e che hanno rischiato di far «saltare» la banca. Sarebbe giusto saperlo?

«Sacrosanto: se il governo fa l’errore di immettere questi soldi sulle banche senza far partire una commission­e d’inchiesta, fa un regalo al M5S. La vittoria di Donald Trump negli Usa è anche conseguenz­a della rabbia post intervento statale dopo la crisi finanziari­a del 2008: in Usa la commission­e è stata fatta ma è stata politica, non ha prodotto quasi nulla e questo ha solidifica­to una narrativa pericolosa. Ci vuole una commission­e d’inchiesta su Mps e casi simili, fatta da tecnici, che spieghi come sono andate le cose. Ricordando però anche che il 25% delle nostre imprese sono sparite con la crisi: un problema generale c’è».

Il Monte deve restare senese? La direzione generale deve restare a Rocca Salimbeni?

«Capisco che per Siena sia importante, ma è un dettaglio. Quello che serve è un cambiament­o radicale del management».

Lo aprirebbe ora un conto al Monte dei Paschi?

«Sì, anche se non metterei più di 100 mila euro... Tanto non ce li ho. Ma oggi sicurament­e più di ieri, dopo l’intervento dello Stato. Comunque consiglio sempre: mai tutti i soldi in una banca sola».

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Alla Leopolda 2011 Luigi Zingales, economista, docente all’Università di Chicago
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