«Un’agenda per i ministri E una mail per Ai Weiwei»
«Una sorpresa, sono felicissimo» dice Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi.
Direttore, il primo G7 della cultura si terrà a Firenze. Una notizia inaspettata, una parte della città temeva di perdere visibilità internazionale dopo la «caduta» di Matteo Renzi da presidente del Consiglio. Ma all’inverso, non c’è il rischio dell’«effetto vetrina», di una Firenze splendido fondale di eventi e poco più?
«Credo di no. Perlomeno nel nostro piccolo a Palazzo Strozzi cerchiamo di fare il contrario: dimostrare che Firenze è un luogo dove si produce cultura a livello internazionale. L’esposizione di Ai Weiwei lo ha dimostrato: il più grande artista del mondo ha scelto Firenze per la sua prima mostra italiana. Ha fatto di più: ha installato un vero dialogo con Palazzo Strozzi e la città tutta».
Un unicum o un approccio che si ripeterà?
«Firenze è ancora oggi un luogo dove gli artisti contemporanei desiderano tornare. Qui, dove si è generato tanto del passato e attraverso il passato si guarda al futuro. Succederà proprio pochi giorni prima del G7 della cultura, è un caso fortuito ma sarà una bellissima occasione: l’apertura della mostra di Bill Viola. Viola ha cominciato il suo percorso negli anni ‘70 proprio a Firenze, in un grande momento di vitalità per la città. Dopo 40 anni di carriera, facciamo a Viola il più grande omaggio ad un artista vivente: una sua grande monografica che occuperà tutto Palazzo Strozzi, e in più installeremo alcune opere in vari luoghi della città, mettendo la sua arte in dialogo con le sue fonti di ispirazioni di allora, quando da giovane newyorkese venne a Firenze».
Firenze, anni ‘70: città al centro del dibattito politico e culturale, con grandi personaggi di caratura nazionale, mostre rimaste nell’immaginario collettivo come quella di Henry Moore nel ‘72, ma soprattutto decine di luoghi, anche in centro, dove suonare, dialogare, confrontarsi...
«Credo che Firenze dovrebbe confrontarsi con quella che è una situazione cambiata in modo vertiginoso in soli dieci anni. Nei documenti che portarono a creare la Fondazione Palazzo Strozzi si parla di uno strumento per attrarre più turismo in città: ora non sarebbe più il caso».
Fosse anche solo per l’effetto-rendita e per gli affitti ormai costosissimi, quel pullulare di centri di produzione e consumo culturale nel centro storico di Firenze oggi sarebbe impossibile.
«L’arrivo del turismo di massa ha snaturato questa realtà di Firenze. Ma non possiamo guardarla solo come cosa negativa, è un elemento della globalizzazione culturale, è bello che tante persone arrivino a Firenze. Occorre mantenere entrambi gli aspetti, trovando antidoti: spero che se ne parli anche al G7. Sarebbe meglio pensare ad una rinascita di tutto ciò che è produzione culturale anche fuori dal centro, in periferia, dove fare sperimentazione».
Questo è il futuro. Ma la città, da qui al G7 di fine marzo, cosa dovrebbe fare?
«Firenze è il luogo ideale nel momento storico ideale, tristemente, per discutere di cultura come strumento di dialogo tra i popoli, uno dei temi del G7. La cultura è l’arma positiva per fare questo, uno strumento che va oltre la politica tradizionale. Solo attraverso la cultura possiamo capire queste reciprocità tra umanità diverse. Sarebbe bello che noi che lavoriamo nel mondo della cultura, istituzioni e operatori pubblici e privati, ci riunissimo e cominciassimo a parlare, confrontarci. Un primo passo per dare “suggerimenti” all’agenda dei ministri, che comunque mi immagino già piena. Sarebbe però importante incontrarci anche per preparare al meglio a questa iniziativa. Noi abbiamo già Viola, ma siamo disponibili a fare iniziative assieme a tutti gli altri operatori culturali e in particolare con il Comune. È importante fare “gioco di squadra”, soggetti privati e musei pubblici».
Peccato che la mostra di Ai Weiwei termini tra un mese...
«Davvero, l’ho pensato anche io. Peccato che i gommoni saranno già stati smontati, quella è un’opera molto politica, nel senso più alto del termine, su un tema che scuote l’Europa, e 4 dei ministri che arriveranno a Firenze sono europei. L’installazione sarà smontata a fine gennaio».
Ai Weiwei non è nuovo a colpi e sorprese. Lascerà qualcosa a Firenze?
«Intanto lo informerò via mail dell’arrivo dei ministri. In questi giorni è in viaggio a Venezia. Ai Weiwei è sempre molto ricettivo. Chissà».
Lei parlava degli anni ‘70 e di Bill Viola: di possibili Viola, a Firenze, oggi con 50 università americane, potremmo averne centinaia. Possibile che nessuno resti, o nessuno torni?
«Intanto, Ai Weiwei e Bill Viola si sono voluti confrontare con Firenze. Ma è importante ricordare che stiamo parlando di artisti che lavorano scala planetaria. E l’arte contemporanea, Biennale di Venezia a parte, non vede l’Italia come principale destinazione. Attenzione però: ad oggi la mostra di Ai Weiwei ha fatto 110 mila visitatori, sarà forse la mostra d’arte contemporanea più visitata in Italia».
Una mostra al Moma di New York fa mezzo milione di visitatori.
«Ma Firenze è una città da 370 mila abitanti, New York è una metropoli mondiale. Si tratta di realtà molto diverse e in Italia non c’è una diffusa conoscenza del contemporaneo. Per noi è un ottimo inizio. Non dobbiamo fermarci: essere a Firenze è un plus, Firenze può essere contemporanea. C’è molta voglia di andare in questa direzione. Sfruttiamo tutte le occasioni».
Istituzioni e operatori pubblici e privati dobbiamo riunirci e cominciare a confrontarci per dare poi dei suggerimenti
Peccato che per l’arrivo dei ministri l’artista cinese avrà tolto le sue opere. Ma gli scriverò, lui è sempre molto ricettivo
Proprio nei giorni del vertice apriremo la mostra di Bill Viola, con opere in vari luoghi della città in cui iniziò