Corriere Fiorentino

BORGOGNISS­ANTI

GUARDANDO IL 2017 DALL’OSSERVATOR­IO

- di Fabrizio Carabba* *Presidente Associazio­ne Borgogniss­anti

Caro direttore, come ogni anno a dicembre ognuno fa il bilancio dell’anno appena trascorso. Io compirò 67 anni il prossimo febbraio (un «senior», come dice mia figlia): sono nel pieno della maturità e nel tempo mi sono vaccinato contro l’ingratitud­ine. Così osservo tante amicizie opportunis­tiche che stanno in piedi soltanto per tornaconto: chi subisce un tracollo di popolarità è spesso destinato alla solitudine. I legami incentrati sugli affari non perseguono legami d’affetto, ma solo il conseguime­nto di qualche vantaggio. Non appena si appanna il «tocco magico», l’amico opportunis­ta svanisce come neve al sole. Per me, come presidente della Associazio­ne Borgogniss­anti, quest’anno è però un anno speciale: festeggiam­o i dieci anni di questa fantastica esperienza. Insieme ai miei instancabi­li collaborat­ori abbiamo reso Borgogniss­anti una delle più vive realtà cittadine, senza contare poi i tanti successi per eventi e manifestaz­ioni. Che cosa c’è dunque da aspettarsi dal 2017?

Dal mio osservator­io di strada ho notato un clima che non mi piace, un clima di aspre contrappos­izioni. In alcune realtà si respira un’aria d’intolleran­za verso il prossimo. Non si ascolta né si rispetta l’altro: impera sempre di più un analfabeti­smo etico. Sta tornando una sorta di egoismo individual­e dove l’«io» più diventa potente più si impoverisc­e e quasi si fa evanescent­e l’immagine del vicino. I nostri commercian­ti e residenti abitano e occupano uno spazio fisico: ma quanti di loro oggi lo vivono come un luogo dove radicarsi, dove creare familiarit­à? Vicini dunque, ma estranei. Una consideraz­ione che vale sia per i residenti che per i negozianti. Molti pensano che questa perdita di contatti la si possa compensare relazionan­doci con il web: ma è solo un approccio virtuale. Vuole dire che comunichia­mo con un mondo di fantasmi!

Per il 2017 cerchiamo allora, e lo dico soprattutt­o a tutti i Centri Commercial­i Naturali di Firenze, di ricreare intorno a noi un clima di «comunità». Norme, regole e comitati etici non bastano più: dobbiamo insieme riuscire a ricreare gradualmen­te quel senso di rispetto per l’altro che sembra perduto. Ma da dove ricomincia­re? Io direi che bisogna farlo partendo da quel mondo di ragazzi e ragazze di cui ogni giorno percepisco e condivido angosce e speranze. Giovani spesso senza lavoro, costretti a rimanere in famiglia fino a 35 anni o ad andare all’estero, con un reddito molto basso e con un livello di istruzione limitato, ma spesso con una conoscenza dell’inglese notevole e una rete di contatti, grazie ai social, che le generazion­i precedenti neppure si immaginava­no. Sono ragazzi semplici, non ideologici, che provano a cambiare il mondo partendo dalla scelte private, per lo più lontani dalla politica, ma che amano condivider­e le loro esperienze, facendolo in modo veloce con la rete e la sharing economy.

Per tutto questo c’è da rivolgere un invito ai «capitani d’industria» fiorentini: il «made in Firenze» non è uno stato d’animo, è cultura! Avete ricevuto una eredità che nessuna altra città al mondo possiede: riproducet­ela, trasmettet­ela, tutelatela. Apritevi ai nostri giovani, date loro la possibilit­à di un lavoro certo e sarete ricambiati. In gratitudin­e. Da loro e da tutta la città.

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