Da Firenze al Rwanda Così Nadine sfida il dittatore
La fuga dal genocidio, i campi profughi, il lavoro con Renzi. «E ora le Presidenziali»
Era scappata dal genocidio in Rwanda. Poi i campi profughi e un incarico in Provincia nello staff di Renzi, quando l’ex premier ne era il presidente. Ora Nadine vuole tornare nella sua patria e sfidare alle elezioni presidenziali il dittatore Kagame. Oggi il suo sogno è quello di portare la democrazia a casa sua. «Mi candido alla presidenza, ma non sarà facile. Il Rwanda funziona come la mafia. Il presidente Kagame ha cambiato la Costituzione a suo piacimento per potersi candidare al quinto mandato. Sogniamo che siano liberati i prigionieri politici, sogniamo che il popolo non sia più oppresso e impaurito come lo è oggi».
Ieri profuga, in fuga dalla guerra civile del Rwanda. Oggi aspirante Presidente della sua nazione. Nel mezzo Firenze — l’accoglienza, gli scout, l’integrazione — e la lunga esperienza nello staff di Matteo Renzi durante gli anni alla Provincia di Firenze. È quasi una favola la vita di Nadine Claire Nzukwayo. Ha fatto della sofferenza un’occasione di riscatto, non ha mai smesso di credere nel futuro. E oggi lotta per far tornare la democrazia tra i suoi connazionali ruandesi. «Mi candido alla presidenza, ma non sarà facile. Il Rwanda è sotto una dittatura militare. Lo Stato funziona come la mafia. Il presidente Kagame ha cambiato la Costituzione a suo piacimento per potersi candidare al quinto mandato. Siamo facendo di tutto sul piano diplomatico per cambiare le cose. Sogniamo che siano liberati i prigionieri politici, sogniamo che il popolo non sia più oppresso e impaurito come lo è oggi».
L’avventura di Nadine, oggi trentasette anni, comincia nella notte tra il 6 e il 7 aprile del 1994. Una data drammaticamente storica per il Rwanda, l’inizio del genocidio scaturito dal conflitto tra Hutu e Tutsi: in cento giorni perderanno la vita quasi un milione di persone.
Tutta la famiglia di Nadine, che si era trasferita nella capitale Kigali per lavoro, viene sterminata dalle milizie ribelli: muoiono la madre, il padre, un fratello e tre sorelle. Lei rimane orfana a 13 anni, come migliaia di altri bambini ruandesi. Si rifugia da profuga in Zaire, l’attuale Repubblica Democratica del Congo, passando per Goma e condividendo la miseria e la disperazione dei campi profughi. Arriva l’agosto 1995, Nadine lascia il campo profughi di Kibumba e attraverso un percorso umanitario approda a Firenze, dove può finalmente tornare sui banchi di scuola. È l’inizio di una nuova vita. Viene accolta nell’appartamento della zia, una delle poche familiari ancora vive. L’integrazione passa attraverso il lavoro e il volontariato in alcune associazioni umanitarie. «Sono riuscita ad integrarmi grazie a un gruppo scout che mi ha insegnato tantissimo e ha risvegliato la mia consapevolezza sul ruolo di ciascuno di noi nella costruzione di un Paese. È stata l’Agesci (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani, ndr), che ha coltivato nella mia mente valori essenziali come il coraggio, il patriottismo, la libertà, la condivisione, l’efficienza del lavoro di squadra. Mi hanno insegnato l’importanza del lavoro in rete. Soprattutto, ho capito il valore del senso di responsabilità».
Nadine non dimentica l’ingiustizia e le sofferenze subite in Africa. Sono gli incubi di ogni notte e la molla che la muove. Inizia così la sua esperienza politica. Entra a far parte del Partito Democratico dove, racconta lei, «ho imparato ad amare gli uomini e le donne in politica, perché ho sperimentato, da dentro, l’entità
Quando ha provato a tornare nel suo Paese il governo l’ha fermata