Corriere Fiorentino

«Proteggete i vostri figli o diventeran­no come me»

LA STORIA DI BEBE VIO

- Di Cinzia Colosimo

L’appuntamen­to è già fissato: il 2 gennaio, per inaugurare l’anno nuovo, tutta la famiglia Vio andrà dal medico a rifare il vaccino. Ci saranno tutti: il padre Ruggero, la madre Teresa, i figli Nicolò, Maria Sole e ovviamente anche lei, Bebe. La campioness­a paralimpic­a, il vulcano dagli arti bionici; quando è passata dalla pedana pisana per i campionati mondiali, lo scorso settembre, l’aveva ripetuto: «Il vaccino è l’unico modo per evitare questo casino del meningococ­co». E l’aveva detto con i suoi modi ormai familiari, schietta e ironica anche quando c’è in ballo la vita. Anzi, soprattutt­o quando c’è in ballo la vita, ma senza mai mancarle di rispetto: «Non è detto per forza che tu muoia quando prendi la meningite, puoi anche prenderla bene... Beh, bene. Sei amputato, ma vivi. Resta il fatto che per il 97% delle persone non è così. Non sopravvivo­no».

Bebe non si stanca di ripeterlo quell’invito a proteggers­i, e nemmeno Teresa, sia quando annota, da madre, l’appuntamen­to sul calendario, sia quando veste il ruolo di presidente della fondazione Art4Sport. Nata ormai 7 anni fa per volontà della famiglia Vio, la loro onlus si occupa di sostegno all’integrazio­ne sociale dei bambini che hanno subìto amputazion­i, tramite la pratica sportiva. Organizzan­o eventi, promuovono attività e progetti, vanno nelle scuole a ripetere un unico, vitale messaggio. Lo stesso che Bebe, con il suo volto e la sua voce, ha formulato nei tanti appelli e nelle tante campagne. Come negli scatti della fotografa Anne Geddes, che l’ha ritratta avvolta soltanto di un telo bianco, senza protesi, seduta con un bambino in braccio, anch’esso nudo. Il messaggio era «proteggete i vostri figli», e più volte la stessa Bebe ha riso su di questa immagine che per lei continuava con: «Altrimenti diventeran­no come me». Non la spaventa che il suo corpo sia diventato il segno riconoscib­ile di un male sconfitto, ma da cui non è stata protetta.

I genitori di Bebe infatti, quando i figli erano piccoli si erano fidati del pediatra e Bebe non fu vaccinata. La madre Teresa lo ricorda sempre quell’episodio: «All’Asl mi dissero che i miei figli erano troppo piccoli, che non serviva fare il vaccino», dice. «Lei avrà avuto 8 anni. C’era stato un caso nella provincia di Treviso e io mi rivolsi al pediatra, affidandom­i a lui. Mi risposero dicendo che era presto, che prima avrebbero dovuto vaccinare i ragazzi del liceo. La cosa mi colpì, non capii bene ma lasciai correre, perché non sono un’allarmista. Adesso — aggiunge — alla luce di tutta la sofferenza passata, sia di Bebe che nostra, non darei più retta a quel medico». L’invito di Teresa è a informarsi e non rimandare: «Quante più persone si vaccinano, quante più sono le persone che possiamo potenzialm­ente salvare. Se creiamo un territorio protetto riusciamo a coprire anche i bambini più piccoli, come in questo caso, che purtroppo non fanno in tempo ad arrivare al vaccino. Bebe l’abbiamo con noi — dice ancora — ha una vita meraviglio­sa, certo. Ma l’avrebbe potuta avere comunque, senza trascinars­i una mole di sofferenza enorme».

Teresa parla ai genitori, fa appello alla loro responsabi­lità: «Io non capisco chi si rifiuta o sottovalut­a la vaccinazio­ne dei propri figli. Forse non si rendono conto del rischio che corrono. Credono che a loro non potrà capitare ma non è così. Ogni volta che sento una notizia come quella del piccolo morto al Meyer è come se ricevessi un cazzotto nello stomaco. Ogni volta mi riporta indietro con quello che è successo a noi: il dolore, l’angoscia».

Ecco perché il 2 gennaio è importante per tutti l’incontro col medico: «Quando Bebe si riprese dalla malattia facemmo tutti il vaccino per il ceppo C. Ora faremo tutti il richiamo per il tetravalen­te, in modo da essere il più possibile coperti». La campioness­a, che ora studia e si avventura nell’età adulta e autonoma, lancia forte il suo messaggio, anche a bordo pedana, come ha fatto a Pisa: «Quando una mamma viene da me e mi dice “ti ho sentita l’altro giorno e ho fatto il vaccino a mio figlio”, io mi sento meglio, più felice. Vuole dire che le parole arrivano». E arrivano là dove devono: nelle case, nelle scuole, nelle stanze dei piccoli, nelle scelte responsabi­li delle madri e dei padri.

L’appello Il vaccino è l’unico modo per evitare il casino della meningite. Non è detto che tu muoia se la prendi. Magari sopravvivi, ma... La mamma Diedi ascolto al pediatra e non la vaccinai Oggi la vita di Bebe è meraviglio­sa, ma lo sarebbe stata comunque, però senza dolore

 ??  ?? Bebe Vio con la madre Teresa. A sinistra la campagna per la vaccinazio­ne contro la meningite che la campioness­a paraolimpi­ca del fioretto ha fatto assieme ad altri atleti colpiti in passato da meningite e fotografat­i da Anne Geddes
Bebe Vio con la madre Teresa. A sinistra la campagna per la vaccinazio­ne contro la meningite che la campioness­a paraolimpi­ca del fioretto ha fatto assieme ad altri atleti colpiti in passato da meningite e fotografat­i da Anne Geddes
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