Bomba a Firenze, la pista del Nord
Al setaccio anche i filmati di venti telecamere. Il ministro ai parenti dell’artificiere ferito: «Non vi lasceremo mai soli» Anarchici perquisiti, scambio di informazioni con gli investigatori di Torino e Genova
«Allontanatevi, c’è una bomba», dice l’artificiere ai colleghi che sono lì, in via Leonardo da Vinci, alla libreria il Bargello. Sono appena passate le 4,10 e la bomba non è ancora esplosa: Mario Vece, 39 anni, il sovrintendente di polizia, che aveva finito di lavorare alle 1 della notte di Capodanno, è ripartito alle 3,30 dalla sua abitazione in provincia di Lucca. Prima di mettersi le protezioni, hanno ricostruito i poliziotti, l’uomo sta valutando l’ordigno che in quel momento esplode. Non ha casco e non ha neppure la tuta antiesplosivo perché ci vuole mezz’ora di tempo per indossarla e in quel momento lui sta analizzando la situazione. La Digos, in queste ore, sta analizzando una ventina di telecamere che si trovano nella zona dell’attentato: gli «occhi elettronici» potrebbero infatti aver ripreso la persona che materialmente ha sistemato la bomba nella saracinesca della libreria vicina a Casapound. Le telecamere di sicurezza, comprese quelle di alcuni esercizi commerciali, possono essere fondamentali: quelle immagini, una volta sviluppate, saranno messe a confronto con i risultati delle perquisizioni effettuate nottetempo dalla Digos nei confronti di una decina di anarchici, alcuni dei quali dell’ex Villa Panico, e altri che vivono fuori provincia. La polizia ha infatti sequestrato cappucci, sciarpe e giacche: vuole capire se questi fossero gli indumenti usati dall’attentatore. Che nessuna pista sia esclusa però lo dicono le indagini. In queste ore gli investigatori si sono sentiti con la Digos di Genova e con la Digos di Torino proprio per vedere se c’è qualche collegamento tra l’attentato della notte di Capodanno a Firenze e gli altri blitz avvenuti al Nord. Una cosa è certa: la bomba contro il Bargello, non ancora rivendicata, non è un ordigno qualsiasi. La bomba, infilata dentro un sacco di tela, conteneva della polvere da sparo dentro un barattolo di latta di vernice, dal quale fuoriuscivano fili elettrici collegati a un timer di quelli che ci sono in cucina. Non propriamente una bomba fai da te, ma qualcosa di più complicato.
Ecco perché il procuratore Giuseppe Creazzo e il sostituto Beatrice Giunti, che stanno aspettando una prima analisi sul tipo di esplosivo usato dagli attentatori, hanno ipotizzato i reati di tentato omicidio, lesioni gravissime, fabbricazione e porto d’ordigno. La Digos, in queste ore, lascia però aperte tutte le piste: non si esclude che dietro quella bomba possa esserci qualche chiunque, e non soltanto gli anarchici. Si sta guardando anche la Rete ma solo sul sito di area anarchica «Finimondo» si dà notizia dell’attentato senza però rivendicarne la paternità.
«Al mio collega ferito, non manchi vicinanza anche dopo», dice il segretario provinciale dell’Associazione Funzionari della polizia di Stato, Alessandro Possi, che si dice «turbato e commosso» rispetto all’accaduto.
Il sindacato di polizia Ugl presenterà a Padova una denuncia contro un uomo che su Facebook ha usato parole ingiuriose contro l’artificiere rimasto ferito dallo scoppio. Intanto ieri pomeriggio si è tenuta una riunione tecnica in Prefettura dove si sono affrontati alcuni punti della vicenda. Il prefetto Alessio Giuffrida, dalla prossima settimana, convocherà un Comitato sulla vicenda ma già promette «un monitoraggio continuo, con conseguenti misure da adottare».
La pista anarchica Al setaccio i filmati di 20 telecamere. Una denuncia per ingiurie al poliziotto ferito