Il poliziotto in ospedale: ho paura di perdere tutto
IL POLIZIOTTO IN OSPEDALE
Ha perso la mano sinistra e i medici che gli hanno ricostruito l’occhio destro hanno poche speranze sul recupero della vista. Mario Vecie, l’artificiere ferito dalla bomba di via Leonardo Da Vinci davanti alla sede della libreria di Casapound vuole andare avanti. Vuole tornare al suo lavoro. La moglie Stefania si sfoga contro gli autori dell’attentato: «Assassini».
«E ora come faccio? Rischio di perdere l’addestramento di fine mese». Era appena arrivato in ospedale, le sue condizioni erano gravi. Ma domenica mattina, prima che i medici lo sedassero, quando la moglie è arrivata al suo capezzale, Mario Vece si è preoccupato per il suo lavoro senza lamentarsi delle ferite. Il sovrintendente di polizia aveva da poco superato il concorso per diventare ispettore. Per prendere il nuovo grado gli manca solo il corso di addestramento. Dopo l’esplosione che gli ha portato via la mano sinistra e rischia di fargli perdere l’uso dell’occhio destro, ha pensato solo all’obiettivo che stava faticosamente per raggiungere.
Poliziotto per scelta, Mario Vece, 39 anni, di Salerno ma toscano di adozione, è diventato agente nel 1997, facendo il concorso subito dopo aver finito le scuole superiori. «È stato lui a voler diventare artificiere — racconta lo zio Donato — È addestrato, ha grande esperienza e ha sempre lavorato bene. Ha fatto servizi importanti, come quelli all’aeroporto di Pisa. Ma il suo è un mestiere difficile e pericoloso, e questo Mario l’ha sempre saputo».
Non rischia la vita, ma l’equipe del professor Massimo Ceruso gli ha dovuto amputare la mano sinistra. Il direttore generale di Careggi, Monica Calamai, spiega che «il Cto saprà però offrirgli la migliore soluzione possibile». È toccato invece al professor Stanislao Rizzo, ricostruirgli l’occhio: le possibilità di recuperare la vista sono basse, ma il suo volto è preservato. E domani, è previsto un terzo intervento per la rimozione di una scheggia dalla mascella.
In ospedale, al primo piano del Cto, davanti all’ingresso della terapia intensiva presidiato dalla polizia, ci sono il padre Giuseppe, gli zii, il fratello Santo ( anche lui poliziotto), tutti attorno alla moglie Stefania. Ogni volta che la donna esce dalla corsia, ci sono agenti che le si avvicinano per stringerle la mano. Lei apprezza, sorride. Anche il telefono le squilla di continuo: «Leggo nei vostri occhi un dispiacere vero — dice la donna — In questo momento difficile è un piccolo aiuto che non ci solleva dal dolore, ma è comunque importantissimo. La vostra solidarietà ci fa bene». Ma Stefania ha anche un momento di sfogo con un collega del marito: «Assassini... È un dolore troppo grande, non ce la faccio».
Domenica, alla donna è arrivata la telefonata dal Quirinale. Ieri, invece, è atterrato a Firenze il ministro dell’Interno Marco Minniti, che, assieme al capo della polizia Franco Gabrielli, è arrivato al Cto ed è rimasto in terapia intensiva per 40 minuti: «Non verrete lasciati soli neppure per un istante — ha assicurato Minniti ai parenti — Prometto il massimo sforzo per assicurare quanto prima alla giustizia i responsabili di questo vile e odioso atto criminale». Il ministro, che dicono al Cto «è stato molto affettuoso e molto poco istituzionale», ha anche elogiato il gesto di Mario: «Abbiamo piena riconoscenza per il suo alto senso di responsabilità e abnegazione: sebbene si trovasse a casa, appena avvertito della presenza dell’ordigno, si è subito recato sul luogo del ritrovamento per adempiere al proprio dovere».
Mario, figlio di un ferroviere, quindici anni fa ha sposato Stefania, siciliana, e con lei ha avuto due bambine: alle figlie, ora adolescenti, non è stato nascosto nulla; e domenica anche loro erano al Cto a trovare il babbo. Vive in un appartamento del centro di Altopascio ed è un è patito di Harley Davidson, tanto da essere vicedirettore dell’associazione versiliese degli harleysti. Partecipa spesso ai raduni del gruppo. «Forza Mario», è scritto sulla home page del sito del Hog Chapter Versilia, con sotto lo stemma degli artificieri-antisabotatori. «Stiamo pensando di modificare la frizione della sua moto per metterla al pedale», dicono gli amici harleysti, che domenica erano in massa al Cto. Fuori lo zio Donato si sfoga: «A un artificiere un incidente può capitare anche se sei esperto come Mario, perché questi terroristi ignobili che costruiscono le bombe, le concepiscono proprio per mettere in difficoltà chi deve disinnescale. Cosa mi sento di dire loro? Che è inconcepibile affrontare con le bombe chi la pensa diversamente. Fare politica così è assurdo».
Le condizioni All’artificiere amputata la mano sinistra Ricostruito l’occhio, ma forse non vedrà più